“Su quel treno bombardato a Cislago la sorella di mia madre, falciata a 15 anni: si chiamava come me”
Una lettrice trova in rete un articolo di qualche anno fa e riconosce una storia di famiglia tramandatale dalla sua anziana madre. Un dolore trasmesso negli anni finito in una poesia che ricorda i tempi in cui la guerra uccideva anche a casa nostra. “Per questo devo ricordare lei e le innocenti creature immolate in nome di potere, avidità, egoismo"
La Rete vive, e lo fa non solo con la cronaca, la novità. Lo fa anche con quella “coda lunga” di dati che rimangono magari sepolti per anni e poi d’un tratto si accendono: le informazioni contenute nei file, alla fine, servono a uomini e donne che possiedono (ancora) una memoria. E che a volte per caso ci capitano in mezzo.
Dunque stupisce, ma non troppo, la storia di Piera. Anzi di due “Piera”.
Una, una ragazzina di 15 anni che ai tempi – siamo nel 1944 – andava al lavoro in treno ma ebbe la sventura di incappare in un’incursione aerea alleata che per strozzare i rifornimenti in un’Italia già allo stremo, colpiva le infrastrutture come ponti, fabbriche e ferrovie. Oppure i bombardieri della Raf o quelli a stelle e strisce cercavano di colpire direttamente i convogli militari, quelli che rifornivano le linee di armamenti.
Poi c’è l’altra Piera, che non a caso ha il medesimo nome di quella ragazzina. È Piera Fumagalli, la nipote di quella giovane donna uccisa dal bombardamento che era la sorella di sua mamma.
Dunque la nostra lettrice ha voluto condividere con noi la sua testimonianza dopo aver letto l’articolo pubblicato nel 2021 sul bombardamento del treno Milano–Varese del 28 dicembre 1944, tragico episodio in cui gli Alleati mitragliarono un convoglio all’altezza di Cislago, spezzando la vita di diciassette persone.
Tra loro c’era anche la sorella della madre della lettrice, Piera Cremonesi, una ragazza di appena quindici anni. Come Liliana – la testimone sopravvissuta che nel 2021 aveva raccontato la sua storia all’interno del progetto “Il bello di Trenord” – anche Piera probabilmente lavorava per le Ferrovie Nord. Quel giorno percorreva come sempre la tratta Milano–Cislago. Sarebbe scesa una fermata dopo quella di suo padre Luigi, progettista alla Isotta Fraschini, che si era fermato a Saronno.
Il destino volle che Luigi, appena sceso dal treno, alzasse lo sguardo verso il cielo proprio mentre gli aerei alleati viravano sulla linea ferroviaria. In un lampo intuì ciò che stava per accadere. Si fece prestare una bicicletta da un collega e pedalò con urgenza verso il convoglio dove sapeva trovarsi sua figlia. Una corsa disperata, entrata per sempre nei racconti tramandati in famiglia.
La madre della nostra lettrice – scomparsa quest’anno a 98 anni – non riuscì mai a superare la perdita della sua unica sorella. Due anni appena le separavano, ma quel vuoto le rimase accanto per tutta la vita.
Ad accompagnare la testimonianza, la nostra lettrice ci ha inviato anche una poesia dedicata alla giovane Piera (di cui alla nascita ha preso il nome). Parole nate da un dolore che attraversa le generazioni e diventa memoria condivisa:
PIERA – di Piera Fumagalli
Mi hanno dato il suo nome,
per questo non posso dimenticare.
Era luce di sole e fiordalisi,
purezza del giglio e primavera
Erano tempi di oscuri cieli di guerra.
Quel giorno sono piovute bombe alleate.
A squarciare il cielo, la terra e il treno.
E’ finita la corsa dei passeggeri operosi.
C’era anche lei su quel treno:
in una macchia rossa
si è spento il sole e i fiordalisi.
Dalle radici di questo fiore spezzato,
bagnate da tante lacrime
io sono nata.
Per questo devo ricordare
lei e le innocenti creature immolate
in nome di potere, avidità, egoismo.

La poesia dialoga idealmente con la voce di Liliana, testimone di quei fatti che nel 2021, a 93 anni, che era su quel treno e quattro anni fa aveva descritto il terrore improvviso dei lampi oltre i finestrini, la fuga dei macchinisti, i venti interminabili minuti di bombardamento. Un ricordo vivido di paura e sopravvivenza, ma anche di un tempo in cui, come raccontava lei stessa, “si viaggiava giocando a carte” per addolcire l’incertezza della guerra.
Oggi, grazie alla testimonianza della nostra lettrice, il volto di una delle giovani vittime – Piera Cremonesi – torna ad avere voce. E attraverso le parole della poesia, quel fiore spezzato continua a vivere nella memoria delle generazioni che ne custodiscono il ricordo.
Perché ricordare non è solo un dovere storico, ma un gesto di umanità verso chi, su quel treno, vide spegnersi troppo presto la propria luce.
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