Libertà, impresa e potere: la sfida dei territori nell’era degli algoritmi
“Una questione di libertà. Imprese, potere, territori” di Stefano Binda e Matteo Reale diventa un confronto sul destino delle piccole imprese e delle comunità locali, strette tra finanza, burocrazia e tecnocrazia globale.
A Saronno è stato presentato il volume “Una questione di libertà. Imprese, potere, territori” di Stefano Binda e Matteo Reale, edito da Guerini Editore. Due autori che conoscono da vicino il mondo produttivo: Binda è segretario di Cna Lombardia, Reale è presidente di Cna Milano e di Ecipa Lombardia, consulente di direzione e fondatore di Italian Climate Network.
A moderare il dibattito, Raul Caruso, economista e professore all’Università Cattolica di Milano, che ha introdotto il testo come «un libro complesso, volutamente controcorrente rispetto alla cultura della semplificazione».
Il libro affronta la relazione tra libertà, impresa e potere in un mondo dominato da finanza e tecnologia. La copertina, con una Statua della Libertà incatenata e ferita, riassume bene la diagnosi degli autori: la libertà economica e politica dei territori è oggi compressa da logiche astratte, algoritmiche e de-territorializzate.
IL SISTEMA CREDITIZIO E LA SOSTENIBILITÀ
Il primo nodo sollecitato dal professor Caruso riguarda la “pigrizia tecnica” del sistema creditizio. Binda ha denunciato l’eccessiva fiducia in algoritmi e piattaforme che decidono chi merita credito «senza leggere la storia dell’impresa, la sua avventura, la sua libertà». Un processo che sposta il potere decisionale dai territori a centri finanziari globali, svuotando comunità e istituzioni locali.
Reale ha affrontato invece il paradosso della sostenibilità. Se per le imprese la sostenibilità significa longevità e radicamento, la sua applicazione bancaria produce spesso «una sostenibilità fittizia», imposta da sistemi di intelligenza artificiale che «bocciano il 90% delle richieste di credito. Le stesse banche, ha aggiunto, «non sono sottoposte a criteri equivalenti di impatto territoriale».
DOVE STA IL CENTRO DEL POTERE?
Il dibattito si è poi spostato sulla dimensione urbana e istituzionale. Binda e Reale hanno descritto una crescente «de-territorializzazione del potere». Le città non progettano più se stesse, poiché i fondi europei e il PNRR vengono gestiti da grandi fondi di investimento, non dalle amministrazioni locali.
La proposta degli autori è una riforma a doppio binario: spostare verso l’alto poteri sovrani a un’Europa politicamente più forte, e verso il basso leve fiscali e decisionali alle autonomie locali, restituendo ai cittadini capacità di autogoverno.
I CORPO INTERMEDI
L’analisi ha toccato anche lo svuotamento dei corpi intermedi, effetto di «un’efficienza dopata» che riduce costi nel breve periodo ma genera desertificazione sociale nel lungo. Binda lo ha definito «il dopping dell’efficienza». Si corre più veloce, ma si distrugge il tessuto comunitario.
Reale, in contrapposizione, propone di sostituire la logica della “massimizzazione” con quella dell’“ottimizzazione”, fondata su equilibrio, relazioni e continuità.
LE PREOCCUPAZIONI DELLA COMUNITÀ
Nelle domande del pubblico è emersa infine la questione del futuro del lavoro e delle nuove generazioni. Le piccole imprese, secondo gli autori, possono attrarre i giovani non solo con incentivi economici, ma offrendo “senso, partecipazione e libertà”, elementi che la grande organizzazione tende a smarrire. La serata si è chiusa con una riflessione condivisa: la libertà non è un dato, ma un processo da ricomporre ogni giorno — nei territori, nelle imprese, nelle istituzioni. Una libertà che, per tornare a essere reale, deve riscoprire la concretezza dei luoghi e delle persone che li abitano.
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