“Ci ha insegnato ad allargare le tende del cuore”. In centinaia per l’addio a don Giuseppe
Oltre due per la cerimonia di saluto al missionario che ha cambiato la vita di migliaia di persone. Oltre al messaggio dell'arcivescovo Delpini, presenti anche il vicario generale, Franco Agnesi, il vicario episcopale Giuseppe Vegezzi, il decano don Ambrogio Cortesi, il vescovo di Niamey, Djalwana Laurent Lompo

Un angelo, un miracolo, un amico, un salvatore, un padre, una guida, Joseph, Ismael. Sono solo alcune delle parole usate da sacerdoti, fedeli e amici durante l’ultimo saluto a don Giuseppe Noli, prete missionario scomparso venerdì all’età di 85 anni, dopo aver trascorso oltre 35 anni in missione in Perù, Haiti e Niger. La chiesa di Abbiate Guazzone non è riuscita a contenere tutti coloro che hanno voluto rendergli omaggio lunedì mattina, 19 maggio, durante la messa esequiale che ha preceduto il funerale, celebrato poi a Cadorago (Milano) nel pomeriggio. Una cerimonia durata quasi due ore, con tanti ricordi, applausi e profonda commozione, che si è chiusa con un messaggio audio dello stesso don Giuseppe, inviato ai familiari nei giorni precedenti:
«Prima che termini il giorno volevo ringraziarvi tutti. È vero, per ciascuno c’è una vetta, c’è una meta, da raggiungere nella vita, ma attraverso un percorso. Se il percorso tante volte è scosceso e presenta delle difficoltà, riuscire a viverlo insieme è molto bello, e può darsi che sia più facile da affrontare. In ogni modo, restiamo uniti e percorriamo il cammino per arrivare alla meta dandoci la mano, così sarà più facile, oltre che più gioioso. Grazie di nuovo a tutti e un augurio di una vita serena e aperta agli altri. Ciao».
Don Noli aveva un legame particolare con Abbiate, frazione di Tradate (Varese): da giovane aveva svolto lì il suo servizio di coadiutore nella parrocchia, creando un forte collegamento con la comunità del paese. Un legame che è cresciuto nel tempo, tanto che la stessa comunità ha continuato ad aiutarlo e sostenerlo in tutte le sue destinazioni. Alla messa esequiale hanno partecipato centinaia di persone, molte delle quali hanno atteso fuori dalla chiesa. Sul volto della maggior parte dei presenti si leggeva come don Giuseppe, a ognuno di loro, avesse cambiato la vita in modi diversi.
Addio a Don Giuseppe Noli: una vita missionaria tra Abbiate Guazzone, Perù, Haiti e Niger
Una ventina i sacerdoti presenti sull’altare, tra cui il vicario generale di Varese, Franco Agnesi; il vicario episcopale Giuseppe Vegezzi; il decano don Ambrogio Cortesi; il parroco di Tradate, don Fabio Turba; oltre a diversi sacerdoti che avevano conosciuto don Noli nel corso del suo cammino.
«Con don Giuseppe ci sentiamo un po’ al centro del mondo. È una cosa bella della nostra comunità – ha detto don Fabio Turba aprendo la cerimonia –. Don Giuseppe ci ha insegnato ad allargare i paletti delle nostre tende, per sentirci più grandi nel cuore. Ci ha insegnato ad avere braccia e un cuore capaci di accogliere ogni altro cuore. Grazie a lui molti di Abbiate hanno vissuto esperienze indimenticabili, grazie alle quali sono cresciuti e per cui oggi gli sono riconoscenti».
È stato poi letto il messaggio di Mario Delpini, arcivescovo di Milano: «Desidero condividere la preghiera con coloro che hanno conosciuto don Giuseppe Noli, instancabile comunicatore del Vangelo. Ha desiderato essere presenza sorridente nei paesi più disagiati del mondo e ha condotto una vita austera e felice».
Il sacerdote che ha pronunciato l’omelia ha ricordato: «Nel ’64 ho incontrato don Giuseppe. Mi colpì parecchio: un diacono paffutello. L’ho rivisto molti anni dopo, dimagrito, scarno. Quanti poveri lo avevano contagiato: era diventato uno di loro, nel corpo e nell’anima. Sei stato un apripista per la nostra Chiesa e dopo di te altri hanno proseguito. Sei stato un piccolo discepolo del Vangelo, a quanta gente ti sei messo in ginocchio a lavare i piedi in tutti i paesi poveri dove sei stato. Oggi ti diciamo solo grazie».
Al termine della cerimonia sono arrivati anche i saluti del vescovo di Niamey (Niger), Djalwana Laurent Lompo: «Un uomo semplice e umile, di preghiera, che ha voluto essere chiamato Ismael fin da subito, per il rapporto tra cristiani e musulmani. Se fosse morto in Niger, nella cattedrale avremmo avuto più musulmani che cristiani. Questo ci dice tutto sull’apertura di Ismael».
Un saluto è stato letto anche da parte del vescovo della diocesi di Huacho, in Perù: «Aveva nel suo cuore e nella sua mente lo spirito dei buoni missionari, uno straordinario sacerdote. Lascia un grande insegnamento a Huacho: è possibile essere felici affidando la propria vita nelle mani di Dio. Lo ricordiamo con affetto e gratitudine. Non dimenticheremo mai il tuo cappellino rosso e la stretta forte di mano della solidarietà».
Da Haiti, attraverso le parole di Maddalena Boschetto, portavoce della parrocchia di Mare Rouge: «Il vuoto è grande, ma il bene ricevuto è molto maggiore. Tutti gli amici desiderano far sentire solidarietà e affetto».
Anche dalla comunità di Abbiate non sono mancati numerosi saluti: «Caro don, tutti i tuoi amici ti abbracciano. Sappiamo che continuerai a proteggere i più deboli, i carcerati, i bisognosi, i più sfortunati e i poveri. Sei stato un dono prezioso: ci lasci il compito di far fruttare ciò che hai seminato». E ancora:
«Sei stato e sarai il missionario di cui ognuno di noi ha bisogno».
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