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Cinque anni di Mondo CHARGE tra progetti e “battaglie” accanto ai malati rari

Mondo CHARGE, con sede a Rescaldina, lavora ad una rete di comunicazione e informazione fra persone con la sindrome di CHARGE, familiari e operatori socio-sanitari

luigi di lello mondo charge rescaldina

Luigi Di Lello è stato il primo, nell’ormai lontano 1998, ad aprire da Rescaldina un sito internet dedicato alla sindrome CHARGE, malattia genetica diagnosticata per la prima volta nel 1979: è una delle cosiddette malattie rare, con un’incidenza di uno su 10mila nati, e fino a quando Di Lello non le ha dato voce in rete nemmeno lì si trovavano informazioni a riguardo. Quel sito è stato il primo passo verso una rete di contatti con altri genitori, sfociata prima in una pagina Facebook e poi, cinque anni fa, in un’associazione vera e propria: Mondo CHARGE, la prima associazione nata in Italia e nel mondo – con sede a Rescaldina – con l’obiettivo di creare una rete di comunicazione e informazione fra persone con la sindrome di CHARGE, i loro familiari e gli operatori socio-sanitari, di cui Luigi Di Lello è presidente.

In questi anni Mondo CHARGE si è spesa per cambiare, un po’ su tutti i fronti, l’approccio ad una condizione irreversibile come la sindrome CHARGE, per lavorare «attraverso le esperienze, le capacità residue dei ragazzi, le buone pratiche». «Constatato che in Italia sui bambini C.H.A.R.G.E. si lavorava in un determinato modo, ci siamo domandati se in qualche altra parte del mondo magari si lavorasse in modo diverso – ci spiega Luigi Di Lello, presidente dell’associazione -. Così siamo andati alle convention di CHARGE Syndrome Foundation negli Stati Uniti, dove abbiamo incontrato associazioni nazionali di tutto il mondo e abbiamo conosciuto équipe mediche che lavorano su ragazzi C.H.A.R.G.E. in modo specifico da oltre 30 anni. Grazie a questi contatti abbiamo avviato una serie di progetti, il primo finalizzato alla valutazione e alla definizione delle terapie riabilitative più appropriate per il singolo ragazzo attraverso incontri periodici in Italia con professori statunitensi, soprattutto il dottor Jerry Petroff, docente di terapia comportamentale al College del New Jersy, uno dei maggiori esperti mondiali della patologia».

Mondo C.H.A.R.G.E., però, non si è fermata lì, e negli anni ha messo in fila attività come “+Aria“, progetto che ha coinvolto 22 bambini affetti da sindrome CHARGE provenienti da diverse regioni italiane ai quali l’emergenza Covid aveva sottratto servizi essenziali garantendo loro percorsi riabilitativi e ricreativi durante i mesi estivi: per ogni bambino è stato elaborato uno specifico percorso di crescita volto a stimolare la motricità, migliorare la capacità di apprendimento, memoria e comunicazione, rafforzare l’autostima e spronare alla socializzazione. Il progetto, poi, si è evoluto in “Come l’acqua”, che ormai prosegue da due anni e ha coinvolto una quarantina di ragazzi con lo scopo di creare percorsi di crescita e sviluppo che potenzino le capacità comunicative, cognitive e motorie dei beneficiari, permettendo loro di apprendere gradualmente piccoli ma indispensabili gesti quotidiani, di acquisire una maggiore autonomia e consapevolezza di se stessi e dei propri mezzi». L’ultimo step è stato poi “Fire”, progetto di formazione su inclusione e resilienza educativa che consiste in un corso di formazione di un anno tenuto – in parte in presenza a Milano e Torino ma principalmente da remoto – dai docenti dell’Università del New Jersey e dell’Istituto Sordi di Torino e aperto a tutte le figure che ruotano intorno ai ragazzi con la sindrome CHARGE.

Tra un progetto e l’altro, però, continua anche la “battaglia” quotidiana di Mondo CHARGE contro tutte le difficoltà con cui si devono confrontare nel quotidiano i ragazzi affetti dalla sindrome e le loro famiglie. A partire dalla scuola, un mondo «difficile per ragazzi con patologie complesse». «Spesso le Regioni fanno mancare i supporti che dovrebbero avere questi ragazzi – sottolinea il presidente di Mondo CHARGE -, spesso i docenti, non per incuria ma per mancanza di formazione, non percepiscono le potenzialità dei ragazzi e hanno difficoltà a capire come lavorarci, oltre al fatto che purtroppo sul sostegno c’è un grosso problema di stabilizzazione».

Eppure i risultati con il giusto percorso possono arrivare, eccome se possono arrivare. «Abbiamo un ragazzo, Francesco, che seguito da insegnanti di sostegno, nonostante sia sordo-cieco, abbia un impianto cocleare e una tracheotomia lo scorso anno si è diplomato con 100 al liceo: non tutti i ragazzi con la sindrome CHARGE magari potranno arrivarci, ma sicuramente molti potrebbero fare di più che giocare con il pongo con un approccio diverso».

Nonostante questo, però, lo scorso anno in Lombardia molte famiglie hanno dovuto «ricorrere al TAR perché non venivano stanziati i fondi necessari all’integrazione scolastica – continua Di Lello -: hanno vinto i ricorsi, ma troviamo assurdo che le famiglie siano costrette a questo percorso ad ostacoli per vedersi riconosciuti diritti». I problemi, però, non finiscono certo con la scuola, ma passano anche, tanto per fare un altro esempio, dall’assistenza infermieristica, «che spesso le Regioni non garantiscono».

«Bisognerebbe cambiare passo e iniziare a partire dai bisogni per arrivare allo stanziamento dei fondi e capire dove, nelle pieghe di un bilancio, si possa cercare di trovare risorse per le famiglie – aggiunge il presidente di Mondo CHARGE -: mio figlio Maurizio, morto nel 2021 per patologia, del quale quindi non si può dire non fosse grave, nella graduatoria del contributo B2 nell’ambito del Piano di Zona dell’Alto Milanese risultava 72° su 120 aventi diritto e non ha ricevuto il contributo per mancanza di fondi. I malati rari stanno aumentando a dismisura: nell’ultimo anno abbiamo avuto sei nuovi nati con sindrome CHARGE, nei quattro anni precedenti erano stati in tutto quattro: vuol dire che il lavoro di informazione dell’associazione sta funzionando e oggi si fanno più diagnosi, ma avere una diagnosi non fa venire meno le necessità di un ragazzo».

Più in generale, però, quello che servirebbe davvero è un cambio di prospettiva. E Luigi di Lello, questo, lo vede tutti i giorni non solo come presidente di Mondo CHARGE, ma anche come disability manager del Comune di Rescaldina. «Dobbiamo ribaltare il pensiero comune in modo che non sia chi ha una disabilità a doversi adattare al mondo comune ma il mondo di tutti ad adattarsi alla disabilità – spiega Di Lello -. Solo così cambia la visione, perché vuol dire che una comunità comincia a farsi carico del mondo della disabilità e in un mondo in cui tutti cominciano a pensarla in questo modo, piano piano i problemi si possono affrontare e risolvere. Ognuno di noi, un domani, potrebbe potenzialmente essere un disabile: disabilità non è solo una persona in carrozzina o un non vedente, pensiamo anche solo alle difficoltà a camminare di un anziano. Per questo nell’ambito della progettazione la necessità di abbattere le barriere architettoniche viene da un insieme di fattori, ad esempio anche da una mamma che ha il diritto di circolare liberamente con il passeggino».

In quest’ottica a Rescaldina con la regia della Consulta Sociale è nato il progetto Rampe, lanciato in occasione de “Le vie del Natale” per «rendere il paese più accessibile, che non vuol dire abbattere tutte le barriere architettoniche, ma rendersi conto che barriera è tutto ciò che una persona con disabilità vive come ostacolo e che quindi le risorse vanno orientate su quello che serve». Sulla scia dello slogan “Non è una salita ma una rampa di lancio”, il progetto prevede che tutti i luoghi aperti al pubblico si possano dotare di una soluzione per garantire l’accesso alle persone con disabilità in modo inclusivo e lo fa attraverso la creazione di un fondo, garantito dalle associazioni sociali, al quale i privati possano chiedere un contributo proprio per agevolare in modo concreto l’inclusività di tutti i luoghi.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 28 Febbraio 2023
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