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Droga, estorsioni e una bomba carta: vasta operazione dei carabinieri contro la ‘ndrangheta

I carabinieri hanno arrestato 22 persone in tutto. L'accusa è di aver messo in piedi e gestito un sistema di controllo dei locali pubblici con metodi e personaggi legati alla 'ndrangheta

Associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Sono queste le accuse mosse a carico di 9 persone dai carabinieri della compagnia di Cantù, nel quadro di una vasta operazione messa a segno nelle prime ore di giovedì 11 giugno, nelle province di Como e Monza Brianza, risultato di due complesse e vaste indagini, confluite in un’unica attività investigativa, che hanno portato all’arresto di 22 persone, 21 italiani e un serbo (16 misure di custodia cautelare in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 2 obbligo di dimora), nei comuni di Seregno, Desio, Giussano, Verano Brianza, Meda, Carate Brianza e Mariano Comense.

In particolare gli indagati sono accusati di aver messo in piedi e gestito un vero e proprio “business” dei servizi di sicurezza nei locali delle province di Como, Monza Brianza e Milano, attraverso l’imposizione di ditte di sicurezza di “copertura” o l’infiltrazione di soggetti contigui a sodalizi ‘ndranghetisti (nella maggior parte dei casi veri e propri “picchiatori” nelle vesti di buttafuori) che, di fatto, effettuavano un controllo sia sull’andamento dell’esercizio pubblico, sia sugli avventori.

È emerso come gli indagati esercitassero un’azione di vero e proprio controllo del territorio adottando tutti quei comportamenti finalizzati a far comprendere alla popolazione il livello di potere che le organizzazioni criminali calabresi sono in grado di gestire, soprattutto nei locali di pubblico intrattenimento (bar, discoteche, ecc.).

Uno degli indagati è il responsabile della sicurezza della discoteca di Cantù dove nell’ottobre del 2015 venne gambizzato a colpi di arma da fuoco un boss della ‘ndrangheta appartenente alla famiglia “Muscatello” e divenne luogo di ritrovo di soggetti appartenenti alla costa Morabito di Africo.

Gli indagati si muovevano con assoluta spavalderia e determinazione e senza alcun timore o ritegno, utilizzando i metodi tipici della criminalità organizzata. Le condotte utilizzate dagli indagati avevano certamente, come scopo, di favorire le attività della ’ndrangheta e, in particolare, anche il mantenimento dei sodali detenuti.

L’attività di “recupero crediti”, con modalità estorsive, di somme di denaro in cambio di una percentuale sull’intero capitale da recuperare, su commissione di imprenditori locali, ma anche solo di gente comune od amici (attività, allo stato, tra le maggiori fonti di introiti per le organizzazioni criminali) è l’esempio del grado di infiltrazione della criminalità calabrese nel tessuto socio economico del territorio.

Gli indagati recuperavano i crediti adottando una vera e propria pressione psicologica sulle vittime, con gravi e continue minacce, rese assolutamente efficaci per la consapevolezza delle vittime di avere a che fare con soggetti legati alla ‘ndrangheta.

Oltre alle estorsioni e al controllo dei locali attraverso i servizi di sicurezza, il sodalizio aveva messo in piedi anche un voluminoso traffico di sostanze stupefacenti, cocaina, hashish e marijuana, per un valore complessivo stimato in 300mila euro: sono stati sequestrati 8,3 chili di marijuana e due etti di hashish.

Nel corso delle perquisizioni eseguite, all’interno di una cascina a Meda è stato trovato un ordigno artigianale pericoloso del tipo “bomba carta”, fatto brillare da personale specializzato del Nucleo Artificieri di Milano, oltre a 63 confezioni di prodotti anabolizzanti a carico di uno dei destinatari sul quale sono in corso ulteriori accertamenti.

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 11 Giugno 2020
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