Quarant’anni fa la tragedia della Val di Stava: 268 vittime in Trentino, tra loro anche tre varesine
Il 19 luglio 1985, alle 12.22, il crollo dei bacini di decantazione della miniera di fluorite di Prestavel, in Trentino, liberò circa 180 mila metri cubi di fango, che precipitarono a valle a una velocità impressionante. L’abitato di Stava, frazione del Comune di Tesero, fu raso al suolo

Sono passati 40 anni dalla tragedia della Val di Stava, uno dei disastri più gravi della storia italiana del secondo dopoguerra. Il 19 luglio 1985, alle 12.22, il crollo dei bacini di decantazione della miniera di fluorite di Prestavel, in Trentino, liberò circa 180 mila metri cubi di fango, che precipitarono a valle a una velocità impressionante. L’abitato di Stava, frazione del Comune di Tesero, fu raso al suolo.
In pochi minuti 268 persone persero la vita. Tra loro tre cittadini della provincia di Varese: due residenti a Gallarate e uno a Gazzada Schianno. Famiglie in vacanza, turisti, alpinisti, lavoratori. Una comunità spezzata, che ancora oggi chiede memoria e giustizia.
L’albergo Miramonti e il dramma delle ACLI
Tra gli edifici distrutti vi era anche l’albergo Miramonti, gestito dalle Acli milanesi, che ospitava decine di persone al momento del disastro. Più di 50 delle vittime erano affiliate alle Acli, in buona parte provenienti dalla Brianza e da Novate Milanese. «Ricordo bene quel venerdì 19 luglio e quel susseguirsi di notizie incredibili che parlavano di una devastazione in un posto che per me era solo un luogo di vacanza, di fiaba – racconta sul sito dell’Acli Paolo Ricotti, dirigente delle Acli milanesi, che all’epoca era poco più che un bambino – Fu il giorno più triste nella storia delle Acli Milanesi. Il fango invase tutto, e con esso l’odore della distruzione e della morte. Alcuni giorni dopo passai da Tesero diretto al Rifugio Larsec, e quella visione è ancora viva in me: i resti nel lago, il ponte romano rimasto in piedi, le fotocellule piantate nel terreno».
Impegno civile e memoria attiva
Le ACLI milanesi furono da subito a fianco dei familiari delle vittime, non solo nel sostegno morale, ma anche nell’impegno civile. Aiutarono a costituire il Comitato dei familiari delle vittime, ospitandolo nella loro sede e supportandone le iniziative legali. Fu proprio grazie a quella battaglia collettiva che nel 1992 la Corte di Cassazione condannò dieci imputati per disastro colposo e omicidio colposo. A essere ritenute responsabili, sul piano civile, furono anche le società concessionarie della miniera, tra cui Montedison e Snam, e la Provincia autonoma di Trento, per le gravi negligenze nella gestione e nei controlli dei bacini.
«La tragedia della Val di Stava – ha sottolineato Ricotti – resta un monito contro lo sfruttamento indiscriminato del territorio. Da quel ricordo deve scaturire un impegno rinnovato per la legalità, per l’ambiente, per la giustizia».
Un anniversario che chiede ancora risposte
Ogni anno, il 19 luglio, le famiglie delle vittime, le comunità locali e le organizzazioni come le Acli tornano a ricordare. Non solo per onorare chi ha perso la vita, ma per ribadire che la memoria è strumento di vigilanza, affinché tragedie come quella di Stava non si ripetano più. E a quasi quarant’anni da quel giorno, anche la provincia di Varese si unisce al ricordo, portando il nome delle sue tre vittime tra quelli che non devono essere dimenticati.
Carla, Clara e Renata, le vittime varesine
Le vittime varesine come detto furono tre, tre donne. Carla Bossi Bombardieri aveva da poco compiuto 70 anni, e abitava a Gazzada Schianno. Clara Neposteri Faresin aveva 62 anni ed era di Gallarate, così come Renata Rigamonti Banzato, 61 anni.
Anche loro sono state ricordate questa mattina nella cerimonia civile al cimitero e al teatro comunale di Tesero, a cui ha partecipato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In serata, alle 18,30, è in programma la messa in suffragio nella chiesa di sant’Eliseo, sempre a Tesero. La cerimonia sarà trasmessa in diretta sul .sito della Fondazione Stava 1985
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