“Nel bilancio di fine anno togliete la performance e valorizzate il tentativo silenzioso”
Nell'ultima puntata del 2025 del podcast Occhi di Riso, Alessandra Baruffato prova a suggerirci un modo diverso di fare i conti con quello che siamo stati durante l'anno e prende spunto da sua figlia Luna
Nell’ultima puntata dell’anno del podcast Occhi di riso, prodotto da Radio Materia, la voce di Alessandra Baruffato accompagna l’ascoltatore in una riflessione intima e controcorrente: superare la logica della performance e riscoprire il valore della vulnerabilità umana.
Attraverso la propria esperienza personale con la disabilità, vissuta accanto al nonno prima e alla figlia Luna – con la sindrome di Down – oggi, Baruffato racconta un modo diverso di guardare alla crescita e al successo. Un modo che mette al centro il cammino più che il traguardo, l’essere più che il fare.
«La verità della vita può essere storta, lenta e faticosa»
Nel corso dell’episodio, la conduttrice riflette sul peso sociale che accompagna la fine dell’anno, tra bilanci, aspettative e confronti con gli altri e con se stessi. E propone una via alternativa: «Smettere di giudicare l’anno in base agli obiettivi raggiunti e iniziare a riconoscere il valore dei piccoli passi quotidiani».
Il punto di partenza è una trasformazione del concetto di crescita, che la disabilità – spiega – ha il potere di rendere più autentica. «Crescere non significa diventare perfetti, ma diventare più consapevoli. Non eliminare le difficoltà, ma accettarle come parte integrante della nostra verità».
Dalla prestazione alla presenza: il valore del “tentativo silenzioso”
Una delle immagini più potenti del podcast è quella di Luna, che prova cento volte un gesto, sbaglia, si arrabbia, ricomincia. Nessun pubblico ad applaudirla, nessun premio alla fine, ma una forza silenziosa che – secondo Baruffato – incarna la vera definizione di successo.
«Il successo non è impressionare, ma restare presenti. Non è superare l’anno precedente, ma essere più propri. Non una macchina da performance, ma un essere umano che tiene insieme le sue giornate, i suoi affetti, anche con le mani sporche di fango».
Coltivare il proprio giardino interiore
In un passaggio particolarmente poetico, Baruffato paragona la crescita alla cura di un giardino: un processo lento, imperfetto, che richiede fiducia, pazienza e amore. Non conta solo la fioritura, ma anche la resilienza delle radici che resistono all’inverno.
L’invito finale della puntata è chiaro: chiudere l’anno non con un elenco di risultati, ma con uno sguardo gentile su se stessi. Celebrare la propria resilienza silenziosa e scegliere la gentilezza come compagna di viaggio per l’anno che verrà.
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