L’Unione Europea ha riconosciuto la povertà dei trasporti come una problematica con implicazioni sociali rilevanti, commissionando uno studio che ha portato alla pubblicazione del rapporto “Transport Poverty: Definitions, Indicators, Determinants, and Mitigation Strategies” nel 2024. Questo rapporto sottolinea la difficoltà, attualmente, di delineare un quadro statistico completo a causa di lacune nei dati disponibili, dati spaziali obsoleti sui livelli di accessibilità e insufficienze nelle informazioni sulla spesa per la mobilità. Tuttavia, emerge che in Europa oltre una famiglia su cinque a rischio di povertà affronta costi di trasporto insostenibili rispetto al proprio reddito.
Quando le difficoltà di trasporto impongono di trasferirsi
Nei territori più periferici la povertà di trasporto prende la forma di ferrovie o linee di autobus sospese, che costringono gli abitanti a spese aggiuntive per la mobilità privata o persino – in taluni casi – a trasferirsi.
Nella provincia di Varese c’è un esempio certamente particolare, ma collegato: è il caso dell’isolato villaggio di Monteviasco, privo di strade carrabili, dove lo stop di sette anni dell’impianto di trasporto pubblico (la funivia) ha costretto molti degli ultimi residenti a trasferirsi a valle.
L’obbligo a usare il trasporto privato può generare spese aggiuntive: dal costo del parcheggio d’interscambio in città fino all’esigenza di acquistare una seconda auto. Va ricordato che spesso la spesa per l’auto è una spesa che si fatica a considerare nella sua interezza: se il costo di un viaggio di cento chilometri in treno ha un prezzo percepibile (il biglietto), usare l’auto ha una componente percepibile (la benzina, i caselli autostradali) e uno meno immediato (assicurazione annuale, manutenzione, aumento di guasti o rischio incidenti in base all’aumento di percorrenza).
La situazione italiana e i dati recenti
In Italia la povertà dei trasporti è un tema relativamente nuovo nel dibattito pubblico e politico. Progetti come il Transport Poverty Lab — promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dalla Fondazione Transform Transport con il patrocinio di istituzioni nazionali — mirano a riempire questa lacuna conoscitiva con una mappatura territoriale del fenomeno e analisi delle correlazioni tra reddito, accessibilità e spesa per la mobilità.
Secondo le stime preliminari, sei famiglie italiane su dieci spendono meno della media nazionale per i trasporti (circa 262 euro al mese), ma il 21% delle famiglie a rischio di povertà è costretto a sostenere costi di mobilità insostenibili rispetto alle proprie possibilità finanziarie.
Nello specifico, secondo un report della Commissione europea, superare il 6% di spesa per trasporti indica una situazione di vulnerabilità. In Italia la spesa media arriva oggi al 10,8% del budget mensile delle famiglie, ben oltre la soglia europea.
Povertà dei trasporti e città insostenibili
Il fenomeno non riguarda solo le aree rurali ma è presente anche nelle periferie urbane e in alcuni centri urbani densamente popolati, in particolare tra gruppi vulnerabili come persone con basso reddito, anziani e persone con disabilità.
A volte poi si tratta di fenomeni intrecciati: le difficoltà di trasporto inducono le persone a trasferirsi nei grandi centri, dove la quota di reddito impiegato si sposta dai trasporti all’affitto. È il caso delle migliaia di studenti che non possono permettersi – per ragioni di orario e tempo – di vivere in province lontani da grandi centri e sono così costretti a trasferirsi in città, dove si confrontano con affitti alle stelle (persino negli studentati, divenuti i più cari d’Europa).
Un fenomeno che era stato denunciato dalla “protesta delle tende” a Milano, che nel 2023 aveva attratto l’attenzione sulla situazione insostenibile a Milano. Per i fuorisede dal Sud, ma appunto anche per chi viene da zone di provincia non lontanissime, ma con collegamenti divenuti nel tempo più costosi o impegnativi (percorsi più lunghi) o meno certi (ritardi e soppressioni).
Studenti pavesi salgono sul bus sostitutivo per Pavia a causa del cambio di orario sulla linea ferroviaria Stradella-Pavia-Milano. Stazione ferroviaria di Bressana Argine, Bressana Bottarone, il 15 dicembre 2025 alle 6:56 (ph.: Legambiente Lombardia)
Tutelare i trasporti per garantire coesione sociale ed equità
Il tema dell’economia dei trasporti nella vita delle persone viene sollevato oggi con più forza da Legambiente, che ha presentato il suo annuale dossier “Pendolaria”.
«I dati di Pendolaria mostrano che la carenza di trasporto pubblico sta diventando un drammatico fattore di esclusione sociale» commenta spiega Roberto Scacchi, responsabile Nazionale Mobilità di Legambiente. «Quando il servizio ferroviario e urbano non è adeguatamente finanziato, con frequenze basse e infrastrutture incomplete, muoversi diventa più costoso o addirittura impossibile per una parte crescente della popolazione».
È questa una situazione che riguarda relativamente poco la Lombardia, ma invece è realtà di gran parte del Sud, nelle campagne e nelle aree appenniniche del Centro, ma anche in alcune aree del Nord, soprattutto montane: se a livello nazionale diminuiscono i fondi governativi per l’esercizio (cioè per far girare treni e autobus), l’offerta diventa minore. E se si abita in un paese dove passano cinque treni al giorno verso la città, passare a due sole corse di autobus può fare la differenza tra mantenere vivo il paese o vederlo morire.
Meno soldi al trasporto pubblico e il Ponte sullo Stretto al posto di nuove metro
«È in questo contesto che si afferma la mobility poverty: famiglie che spendono una quota sempre più alta del reddito per spostarsi, lavoratori e studenti che rinunciano a opportunità di lavoro, studio o cura perché il servizio non è affidabile o accessibile. Rafforzare il trasporto pubblico su ferro è dunque una scelta di equità e coesione sociale da accompagnare necessariamente a politiche per la mobilità attiva e condivisa».
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