Quantcast

“Il perdono non cambia il passato, ma cambia il futuro”

A Materia Spazio Libero la testimonianza di Gemma Capra Milite, vedova del commissario Calabresi. Un itinerario dal dolore al perdono, passato anche dall'incontro con un'altra donna, Licia Pinelli

Gemma Calabresi a Materia

«Il perdono ti rende sereno, ti fa volare alto, soprattutto ti fa vivere in pace con l’umanità. Il perdono non cambia il passato, ma cambia il futuro».
Con questa riflessione, tra le più intense della serata, Gemma Capra Milite ha consegnato al pubblico di Materia, a Castronno, il nucleo più profondo del suo racconto: un percorso di dolore, fede, memoria e riconciliazione che continua a interpellare la storia collettiva del Paese.

Giovedì 4 dicembre, la sala dello spazio culturale di Varesenews si è riempita per l’incontro con l’autrice de La crepa e la luce, vedova del commissario Luigi Calabresi, in dialogo con il direttore Marco Giovannelli.
Marco Giovannelli ha introdotto la serata ricordando come la vicenda di Gemma Capra – e della famiglia Calabresi – non appartenga soltanto alla sfera privata, ma attraversi uno dei periodi più complessi della storia repubblicana. Ripercorrere quegli anni, ha osservato, significa confrontarsi con ferite ancora aperte e con il peso della narrazione pubblica degli anni Settanta.

Gemma Capra ha accolto questa premessa con naturalezza, portando il pubblico dentro la sua storia con un tono limpido, diretto, sorprendentemente lieve anche nei passaggi più drammatici. «Ho conosciuto Luigi, che chiamerò Gigi perché per me è sempre Gigi, a una festa di Capodanno del 1968», ha ricordato. «È stato un colpo di fulmine. Un anno e mezzo dopo eravamo sposati. Avevamo tanti sogni, un progetto di famiglia, e una vita piena di entusiasmo».

Un entusiasmo presto travolto dal clima di violenza che percorreva Milano all’inizio di fine anni Sessanta, dalle manifestazioni sempre più aggressive fino alla strage di piazza Fontana. È in quel contesto che Luigi Calabresi diventa bersaglio di una lunga campagna di delegittimazione. «Faceva finta di essere sereno, forse per me. Ma la nostra vita non era facile: mi lasciava ogni mattina delle regole, come controllare che nessuno mi seguisse o non dire mai il nostro cognome».

Il 17 maggio 1972: una crepa nella vita

Il racconto di quella mattina, quando il commissario Calabresi venne assassinato, è stato uno dei passaggi più intensi dell’incontro. «Ogni giorno, da cinquantatré anni, alle nove e un quarto guardo l’orologio e penso: ecco, adesso».
Gemma ha descritto gli ultimi istanti insieme al marito, rimasti impressi nella memoria con una nitidezza che attraversa i decenni: «Tornò indietro, aveva cambiato cravatta. Mi disse: “Questa è il simbolo della mia purezza”. Parole insolite… ma erano il suo testamento».

Il dolore, ha raccontato, la travolse immediatamente. Eppure, in quelle ore di smarrimento assoluto, avvenne qualcosa che avrebbe orientato l’intera sua vita: «Ho provato una pace interiore assurda. Mi sono detta: ce la faremo, io e i bambini. Non era farina del mio sacco. In quel momento ho ricevuto il dono della fede».

Gemma Calabresi a Materia

Dalla tentazione della vendetta a un cammino di liberazione

La strada verso il perdono non è stata né rapida né lineare. «Ho desiderato la vendetta», ha ammesso. «Non l’avrei mai fatta, ma l’ho pensata. Quando hai l’odio nel cuore stai malissimo».
Col tempo, però, è maturata una scelta radicale: non trasmettere ai figli il peso della rabbia. «Li ho educati alla gioia di vivere. Ho insegnato che è più facile incontrare il bene del male. L’odio sarebbe stata per noi una tragedia in più».

Il processo per l’omicidio di Calabresi, lunghissimo e complesso, ha rappresentato un altro passaggio decisivo. Non solo per il dolore, ma per l’apertura avvenuta proprio lì, dentro un’aula di tribunale: «Ho visto uno degli imputati abbracciare il figlio con una tenerezza infinita. Per la prima volta l’ho guardato con occhi diversi. Era anche un buon padre. Gli ho restituito la sua umanità».

Da quel momento, parole come “assassino” hanno lasciato il posto a “responsabili dell’omicidio di Gigi”: non un artificio retorico, ma una trasformazione dello sguardo.

Gemma Capra ha raccontato tre episodi che definisce “segni”, capaci di guidare il suo cammino:  lo sguardo del padre imputato in aula, che l’ha aiutata a riconoscere la complessità delle persone; la domanda di un alunno a scuola, che l’ha portata a riconoscere la possibilità di vedere anche chi sbaglia nella sua interezza; l’incontro con tre detenuti nel carcere di Padova, autori di omicidi e in cammino verso i sacramenti. «Ho capito che se Dio va da qualcuno, non va da chi crede, ma da chi soffre».

Sono momenti che, messi insieme, hanno reso possibile la scelta del perdono: «Perdonare è un dono, non lo si fa con la testa, ma con il cuore».

Il gesto di pacificazione con Licia Pinelli

Tra gli episodi più significativi della sua vita pubblica, Gemma Capra ha ricordato l’incontro con Licia Pinelli , la vedova dell’anarchico Pino Pinelli. Un momento avvenuto al Quirinale nel 2009, voluto dal Presidente Napolitano. «Erano gli altri che ci volevano nemiche, non noi. In quella casa, un giorno, il papà non è più tornato né per me né per lei. Ci accomuna la stessa sofferenza».
Le due donne si sono abbracciate appena viste: «Le ho detto “finalmente”. Lei mi ha risposto: “Peccato non averlo fatto prima”».

Una memoria che cammina

Il tema della memoria è stato uno dei fili conduttori della serata. «La memoria non è statica: ha le gambe», ha spiegato. «Gigi deve camminare con noi, con i suoi valori, il suo humor, il suo amore per la vita».
La memoria, dunque, non come monumento, ma come responsabilità quotidiana: un testimone da portare avanti attraverso la narrazione, l’esempio e la capacità di guardare al passato senza restarne prigionieri.

Gemma Calabresi a Materia

Sul finale, Giovannelli le ha chiesto se, potendo scegliere, avrebbe voluto un’altra vita. «No», ha risposto senza esitazioni. «La mia vita è stata intensa: di incontri, affetti, dialoghi, segni. Non la cambierei».
E prima di salutare il pubblico, ha affidato a tutti il suo cammino di perdono: «Quando lo condivido, non è più solo mio. Mi aiuta a non scivolare indietro. La scelta di perdonare è stata la più importante della mia vita».

Via Confalonieri, 5

Castronno

Tutti gli eventi

di dicembre

Redazione Saronnonews
saronnonews@gmail.com
Noi della redazione di Saronnonews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.
Pubblicato il 04 Dicembre 2025
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore