Giustizia al rallentatore: a che punto siamo?
Mercoledì alle 16.30 a Materia, l’avvocato Marco Natola sarà ospite de La materia del giorno per parlare dei tempi della giustizia e delle sfide ancora aperte

La giustizia italiana continua a misurarsi con una cronica lentezza. Secondo i dati del Ministero della Giustizia e della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej), un processo civile in Italia dura in media oltre 500 giorni in primo grado, mentre nel penale si supera spesso l’anno e mezzo prima di arrivare a sentenza. I miglioramenti ci sono stati — soprattutto grazie al PNRR e agli interventi di digitalizzazione — ma la strada verso una giustizia rapida ed efficiente è ancora lunga.
Durante l’incontro con l’avvocato Marco Natola, si affronteranno i nodi principali di un sistema che, tra riforme, innovazioni e resistenze, continua a cercare un equilibrio tra garanzie e tempi certi.
Tempi della giustizia: dove siamo e cosa è cambiato
Negli ultimi anni si è registrata una lieve riduzione dei tempi medi di definizione delle cause civili, anche grazie all’aumento delle procedure alternative e all’introduzione del processo civile telematico.
Nel penale, la situazione è ancora più complessa: la riforma Cartabia ha introdotto novità importanti sulla prescrizione e sulla gestione dei procedimenti, ma gli effetti reali si vedranno solo nel medio periodo.
Civile e penale: due velocità diverse
Le cause civili, pur lente, tendono ad avere tempi più prevedibili; nel penale, invece, la complessità delle indagini, la scarsità di personale e la mole di procedimenti pendenti contribuiscono a ritardi che minano la fiducia dei cittadini.
Le differenze territoriali e organizzative restano marcate: i tribunali più digitalizzati e con una migliore distribuzione del carico di lavoro mostrano performance nettamente superiori.
Il PNRR e la riforma della giustizia
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha fissato obiettivi ambiziosi: ridurre del 40% la durata dei processi civili e del 25% quella dei processi penali entro il 2026.
Per farlo, sono stati stanziati fondi per l’assunzione di personale amministrativo, la digitalizzazione e la semplificazione procedurale. Ma, a metà percorso, gli indicatori mostrano un avanzamento parziale: la macchina si muove, ma non ovunque con la stessa velocità.
Soluzioni alternative: una via percorribile
Mediazione, arbitrato e negoziazione assistita stanno lentamente guadagnando spazio tra cittadini e imprese, attratti da tempi più brevi e costi più contenuti. Lo Stato, da parte sua, ha incentivato questi strumenti con norme ad hoc, ma la loro diffusione è ancora limitata rispetto agli standard europei.
Riforme: successi e delusioni
Tra le riforme più incisive, quella del processo civile telematico ha rappresentato un passo avanti concreto, mentre restano deludenti gli interventi frammentari che non hanno inciso sui problemi strutturali del sistema. La digitalizzazione, pur in crescita, non basta se non è accompagnata da un cambio di mentalità nella gestione dei procedimenti e nell’organizzazione degli uffici giudiziari.
Verso una giustizia più efficiente
Snellire le procedure, rafforzare gli organici, diffondere la cultura della mediazione e investire nella formazione del personale sono alcune delle leve chiave per rendere la giustizia davvero accessibile e tempestiva. Ma serviranno anche coraggio e visione politica per affrontare un tema che incide direttamente sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
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