Uno studio dell’Asst Valle Olona sui rischi di alcuni farmaci anti-tumorali presentato al Congresso di ematologia a Berlino
La ricerca, coordinata dalla dottoressa Elisabetta Todisco, esplora il possibile legame tra alcuni farmaci usati per curare tumori e la comparsa di particolari forme di leucemia

Un importante studio della Struttura di Ematologia dell’Asst Valle Olona è stato presentato a Berlino al congresso dell’Associazione europea di ematologia. La ricerca, coordinata dalla dottoressa Elisabetta Todisco, esplora il possibile legame tra alcuni farmaci usati per curare tumori e la comparsa di particolari forme di leucemia.
La ricerca, illustrata dalla dottoressa Elisabetta Todisco (nella foto), direttrice dell’unità di Ematologia e del Dipartimento oncologico aziendale, indaga la correlazione tra l’uso di farmaci antitumorali inibitori della proteina PARP e l’insorgenza di neoplasie mieloidi secondarie.
Cosa sono gli inibitori di PARP
Gli inibitori di PARP sono farmaci mirati, utilizzati in particolare contro tumori con mutazioni BRCA come seno, ovaio e prostata. Pur essendo molto efficaci, lo studio evidenzia che potrebbero avere un impatto sulle cellule staminali del midollo osseo, aumentando il rischio di sviluppare forme di leucemia mieloide acuta o citopenia clonale.
Il lavoro scientifico presentato
La ricerca ha analizzato l’evoluzione del panorama genomico di pazienti con carcinoma ovarico, trattate inizialmente con chemioterapia a base di carboplatino e successivamente con terapia di mantenimento mediante inibitori di PARP.
Lo studio, condotto in collaborazione con l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), prevede un monitoraggio longitudinale: campioni di sangue periferico vengono raccolti prima e dopo l’avvio della terapia e analizzati a intervalli semestrali. Questo ha permesso di osservare come alcune mutazioni genetiche, in particolare nei geni TP53 e PPM1D appartenenti al gruppo DDR (DNA Damage Response), possano aumentare nel tempo durante il trattamento.
L’importanza dello screening precoce
Secondo i dati emersi, l’identificazione preventiva delle mutazioni legate all’ematopoiesi clonale può aiutare a individuare le pazienti più a rischio e consentire in futuro strategie mirate di prevenzione o trattamenti personalizzati.
«Lo screening e la prevenzione sono fondamentali – sottolinea la dottoressa Todisco – perché queste leucemie secondarie sono difficili da curare, anche con il trapianto di cellule staminali».
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