Busto Arsizio, allarme sovraffollamento in carcere: “Una delle strutture migliori, ma la situazione è critica”
Tra le proposte emerse dall'incontro organizzato da Camera Penale e Nessuno Tocchi Caino , investimenti nella telemedicina, atti di clemenza e sostegno al lavoro esterno per ridurre la recidiva e alleggerire le presenze in cella

Durante una conferenza che si è svolta lunedì 30 giugno al tribunale di Busto Arsizio, è stata affrontata in modo approfondito la condizione attuale del sistema penitenziario italiano, prendendo come esempio emblematico la Casa Circondariale della città.
Dietro la facciata dell’efficienza una situazione difficile
Nonostante la struttura venga spesso citata come una delle realtà carcerarie più efficienti della regione, i dati presentati mostrano una situazione difficile, a partire da un sovraffollamento che coinvolge direttamente la qualità della vita dei detenuti e la possibilità stessa di rieducazione.
Sovraffollamento e caldo: condizioni al limite
Il carcere di Busto Arsizio è stato progettato per 240 detenuti, con una capienza tollerabile di 398 unità. Oggi ospita 424 persone. Un numero che evidenzia un sovraffollamento definito «particolarmente importante» e che influisce su ogni aspetto della vita interna: dall’accesso al lavoro all’assistenza sanitaria, fino agli spazi vitali.
Una criticità aggiuntiva, emersa con forza durante l’incontro, riguarda il caldo nelle celle: «Un problema serio dal punto di vista sanitario – è stato detto – perché favorisce la diffusione delle malattie». La proposta è stata chiara: almeno negli spazi sanitari, serve installare dei condizionatori.
Carenze di personale e servizi sanitari sotto pressione
La polizia penitenziaria conta 116 unità in servizio, ma ne servirebbero almeno 190 secondo quanto stabilito da un recente decreto. Anche l’area trattamentale risulta sottodimensionata: 4 operatori su 5 previsti per 424 detenuti.
Nonostante queste difficoltà, l’area sanitaria di Busto Arsizio è stata definita un «fiore all’occhiello»: ambulatori attrezzati, un’area riabilitativa d’eccellenza e l’introduzione progressiva della telemedicina – tra cui la cartella clinica elettronica e l’invio degli elettrocardiogrammi agli ospedali esterni – fanno della struttura un esempio da seguire.
È stata anche inaugurata una sezione radiologica definita «molto simile a quella di un ospedale comune», un’eccezione nel panorama penitenziario italiano.
“Elogio delle persone” e il ruolo del territorio
Nonostante le difficoltà, a fare la differenza nella qualità della detenzione a Busto Arsizio sono le persone. «È un elogio di questa galera – ha detto Sergio – ma è l’elogio delle persone soprattutto», riferendosi alla professionalità e umanità della direzione e degli operatori, come la comandante Rossella Panaro e la capoarea Valentina Settineri.
Il cappellano Don David Maria Riboldi ha sottolineato il ruolo cruciale della spiritualità e del conforto umano, raccontando la storia di un giovane detenuto che, dopo il battesimo, «non ha più avuto provvedimenti disciplinari a suo carico».
Anche il lavoro esterno è stato presentato come via di uscita concreta. Don Davide ha portato l’esempio della cooperativa “La Valle di Ezechiele”, che offre occupazione a ex detenuti, con un basso tasso di recidiva e un risparmio per lo Stato.
Proposte per il futuro: clemenza e visione costituzionale
Tra le soluzioni avanzate, un “atto di clemenza” come la liberazione anticipata speciale è stato al centro del dibattito. È stata citata la proposta di legge dell’onorevole Roberto Giachetti, attualmente in discussione in Senato, che mira a ridurre la popolazione carceraria premiando i detenuti meritevoli.
Infine, è stato rilanciato l’impegno a promuovere una narrazione diversa sul carcere, fondata sui principi costituzionali di dignità e rieducazione. Un cambiamento culturale che parte dalle strutture, ma soprattutto da chi ogni giorno vive, lavora e crede nel valore della persona anche dietro le sbarre.
Ascolta il podcast con Alessandro Trocino sul tema dei suicidi in carcere
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