“Se intelligenza fa rima con coscienza non perderemo la nostra umanità”. A Materia la serata con Open Toast fa il pieno
Dal "so di non sapere" di Socrate ai chatbot e al loro impatto su ambiente e società. Il panino digitale di Hagam ha portato i presenti in un viaggio alla ricerca di ciò che ci rende "ancora" umani

“So di non sapere”, è la citazione di Socrate da cui parte l’incontro “Dai Sapiens a ChatGPT”, che si è tenuto a Materia Spazio Libero giovedì 19 giugno, al completo. L’evento è stato organizzato da Hagam – essere incomunicazione, non per dare risposte definitive, ma per aprire spazi di interrogazione. Un dialogo lucido e creativo che attraversa filosofia, tecnologia, formazione e comunicazione. Un viaggio tra le intelligenze che già abitano le nostre vite e quelle che stanno arrivando.
Protagonisti della serata sono stati Luciano Cefariello e Sarah Marseglia, che hanno portato sul palco tutta l’energia di Hagam, e il professor Davide Tosi, docente di informatica Delegato all’Intelligenza Artificiale presso l’Università dell’Insubria.
La scelta dell’ateneo di istituire una delega specifica all’AI è stata definita dallo stesso Tosi “una visione strategica e un’opportunità per tutta la comunità accademica”. Il professore ha aperto la sua presentazione con un quiz, chiedendo al pubblico: “Cos’è per voi l’intelligenza artificiale?” Le risposte sono state varie, ma la sintesi efficace è arrivata subito dopo: un insieme di dati, modelli matematici, hardware e software. È stato qui che Tosi ha sottolineato un punto fondamentale: i dati sono l’alimento dell’intelligenza artificiale, e da come li nutriamo dipenderà la qualità dei sistemi che stiamo creando.
Accanto a lui, Cefariello e Marseglia hanno presentato OPEN TOAST: un panino digitale, che è il format della serata targato Hagam, per raccontare con immediatezza cosa accade quando un’agenzia si lascia ispirare da un’idea. Un toast, ma non da mangiare. In pochi minuti, il pubblico ha potuto scoprire come funziona un TOAST e quali sono le sue 5+1 fasi. In questo caso, il TOAST servito era dedicato all’intelligenza artificiale e ai suoi effetti collaterali.
Il primo punto evidenziato riguarda il modo in cui l’intelligenza artificiale costruisce versioni del mondo profondamente stereotipate. Gli algoritmi, infatti, cercano pattern ricorrenti e dominanti, e questi riflettono proprio gli stereotipi presenti nei dati di partenza. Se vogliamo correggere questi errori, dobbiamo agire a monte: lavorare sui dati, sulla loro qualità e rappresentatività. Secondo spunto: molte IA conversazionali hanno voci femminili. Un dettaglio? No: un segnale di come anche il settore tech rispecchi ancora oggi una visione maschile dominante. Il terzo punto ha colpito molti: l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale. Ogni richiesta a un chatbot, ogni risposta generata, comporta un consumo energetico reale, che pesa sull’ambiente. Il quarto punto tocca il tema dei diritti d’autore e dell’originalità: se un contenuto viene creato da un algoritmo, a chi appartiene? E quanto resta di umano in ciò che leggiamo o guardiamo?
Da qui, la riflessione si è ampliata: che impatto avrà l’intelligenza artificiale sul lavoro? Secondo alcune teorie, tra pochi anni i lavori di media o medio-alta complessità potrebbero essere sostituiti, lasciando spazio solo a quelli più manuali o a quelli di altissimo livello creativo e strategico. In questo scenario, la scuola e la formazione diventano decisive. Tosi lo ha detto chiaramente: “Io sono favorevole all’uso della tecnologia che abbiamo, ma va usata nel modo giusto”.
Tutto questo porta a una domanda cruciale: cosa resta all’umano? Nella seconda parte dell’incontro, si è riflettuto su come il paradigma dell’intelligenza artificiale stia già cambiando tutto, specialmente per chi lavora nella comunicazione. Molti professionisti sono preoccupati: la macchina può generare contenuti creativi, testi, immagini, perfino campagne. Ma proprio per questo, diventa ancora più urgente coltivare la nostra forza interiore, quella che ci rende esseri pensanti, critici, emozionati. Serve riconoscere che la tecnologia non è né buona né cattiva: è lo specchio delle intenzioni di chi la crea e la usa.
A scandire il ritmo della serata, due citazioni potenti. La prima, quella di Socrate: “So di non sapere”. La seconda, di Leonardo da Vinci: “Il desiderio di conoscere è naturale alla buona mente”.
In definitiva, la serata ha dimostrato una cosa semplice e potente: l’intelligenza, oggi, non è solo una questione di cervello, ma anche di coscienza. E se vogliamo convivere con le intelligenze artificiali, dobbiamo imparare a conoscerle, senza perdere di vista la cosa più importante: la nostra umanità.
Ascolta anche l’intervista ad Alberto Puliafito nel nostro podcast Flo, nel flusso col mental coach
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