Quantcast

Guido Morselli, il genio letterario incompreso che anticipò l’ecologismo

Il 30 luglio di cinquant'anni fa moriva tragicamente uno dei più grandi talenti letterari del '900

Guido Morselli

Cinquant’anni fa esatti, il 30 luglio 1973, a 60 anni, Guido Morselli, uno dei più grandi scrittori del ‘900, nato a Bologna e vissuto tra Gavirate e Varese, nella “dependance” della sua casa in via Limido si toglieva la vita con un colpo di pistola. E come quasi spesso accade quella morte, meglio se così violenta e improvvisa, consegna al successo un autore fin lì pressoché sconosciuto e inedito.
È infatti la sua ragazza “dall’occhio nero”, una pistola (Browning militare), divenuta famosa anche nei suoi romanzi, a rendere Morselli un caso letterario “postumo”.

GLI APPELLI INASCOLTATI 
Nella casetta che si era fatto costruire a Varese, davanti alla villa paterna, una splendida costruzione liberty, Guido, tra la notte del 30 e il 31 luglio è solo, in bagno, seduto su una sedia a sdraio, fa caldo e il suo stato depressivo è arrivato alla conclusione, forse anche per l’ennesimo rifiuto editoriale. Infatti nessun editore ha voluto pubblicare i suoi libri, a parte Proust o del sentimento Garzanti 1943 e Realismo e Fantasia, dei fratelli Bocca di Milano nel 1947, (pubblicato da NEM nel 2009) le sue ripetute lettere a intellettuali amici, filosofi, editori, cadono nel vuoto.
A pochi metri di distanza sorge la casa dove viveva la sua grande amica e confidente Maria Bruna Bassi e divenuta poi erede testamentaria di tutti gli scritti letterari. Mi capitò qualche anno più tardi intorno al 1978 che Marco Dal Fior, redattore di Radio Varese e poi del Corriere della Sera, mi affidò per la sua rubrica libri “Il Fantasma, il Monaco e la Scimmia”, la recensione di un libro da poco edito da Adelphi e dal titolo emblematico, Dissipatio H.G., dove per H.G. non si intendeva il simbolo del mercurio, deformazione professionale per i miei studi di medicina, ma la dissoluzione terrestre, una sorta di apocalisse del genere umano, che scompariva misteriosamente mentre il protagonista, un solipsista antropofobo sulla quarantina, tentava il suicidio dentro un laghetto alpino.

UNO SCRITTORE POSTUMO
Ovviamente e a posteriori non era difficile leggere quel drammatico futuro che sarebbe avvenuto in realtà di lì a pochi anni. Ma al di là di questo aspetto triste la sua scrittura colta, originale, diversa, furono, almeno per me, elementi sufficienti per un amore a prima vista che mi ha subito intrigato e condotto a un approfondimento dell’opera morselliana. Anche Giuseppe Pontiggia, scrittore, consulente editoriale, rifiutando un suo manoscritto gli disse “lei sarà uno scrittore postumo” e così tragicamente è stato. Ma lo stesso Pontiggia, mio maestro di scrittura creativa, affermò pubblicamente che Morselli non accettava né suggerimenti né correzioni o variazioni al testo, in sostanza non era incline a quello che poi sarebbe stato chiamato “editing” editoriale. In sostanza i suoi libri erano interessanti ma “poco commerciabili” almeno questa era stata la tesi anche di Dante Isella che lo aveva conosciuto personalmente e con il quale ho avuto momenti di scambio importanti. Ma proprio questa capacità innovativa capace cioè di passare da un genere all’altro, dallo storicismo crociano (scrisse anche a Benedetto Croce) alla genetica, dove passò anni a studiare l’etologia, forte anche di una laurea in giurisprudenza, passando anche attraverso l’estetica di Luciano Anceschi, Divertimento 1889 o da Marx, Lenin (memorabile il suo romanzo Il comunista), e ne segnò anche la genialità con Roma senza Papa.

GENIO INCOMPRESO
E i geni sono spesso incompresi, certo una lettura tutt’altro che semplice, roba da “palati fini”, soprattutto quando in quel periodo imperversava la lettura di Piero Chiara, di più facile approccio, ma non per questo meno colta e originale. Decide così di isolarsi a S.S. Trinità (Gavirate) in mezzo ai boschi, sparisce, studia e scrive, in quella che poi diventerà la “Casina Rosa” lavora e non mette su famiglia, i rapporti col padre sono complicati, non meno concilianti con chi gli vive intorno. Legge in modo ossessivo, corre in groppa alla sua Zefirino una cavalla nera con cui andava al Caffè Veniani di Gavirate dove in un angolo sopra un tavolino di fronte alle vetrate scriveva i suoi appunti.

IL TRIBUTO DEL CINEMA
Maestro di meditazione, filosofo, osservatore stravagante, organizza corse per le lumache che riprende con una cinepresa “super otto”, infastidito dai motociclisti che facevano motocross intorno al suo rifugio, e persino dal rumore dei ghiri di notte sotto il tetto, tanto da scrivere a Konrad Lorenz come poteva liberarsi dei fastidiosi animali ma l’ etologo non rispose. Era un salutista ossessivo, attentissimo alle pulizie personali, igiene orale dei denti, lingua e gengive, si vestiva sempre in modo eccentrico ed elegante. Oggi sarebbe definito un abbigliamento “british”che piaceva molto alle donne. E come accadde per il Gattopardo, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo, anche Morselli ebbe il suo tributo cinematografico con Un Dramma borghese film di Florestano Vancini del 1979 e tratto dal suo libro, con la bellissima Dalila di Lazzaro, Lara Wendel e Franco Nero tra gli interpreti.

ECOLOGISTA ANTE LITTERAM
Morselli è stato uno scrittore che anticipava i tempi ma la futurologia, come spesso accade, procede per tentativi e a cinquant’anni di distanza, le riflessioni che si impongono sono tante ma quella che le contiene tutte riguarda l’amaro destino di «scrittore postumo» anche se «fortunato», visto che i romanzi di Morselli, pubblicati da Adelphi, hanno ancor oggi un pubblico di estimatori affezionati. È il caso del fortunoso ritrovamento dei racconti inediti dopo il convegno di Gavirate nel 1983, grazie a Romano Oldrini, poeta e presidente del Premio Chiara, e pubblicati dalla varesina Nuova Editrice Magenta che riapre di fatto nel 1999 le proprie edizioni con l’inedito Una missione fortunata, titolo tratto da uno dei racconti. Questo, con Natura e Uomo, (sempre edito da NEM) un librino dove la scrittura di Morselli, si erge a difesa della natura, un patrimonio inesplorato e con un Morselli ecologista “ante litteram ” che anticipa con profetica e matematica esattezza la tragedia ambientalista che l’uomo avrebbe perpetrato in poco meno di mezzo secolo.
“La difesa del verde è una necessità sociale”, scrive in una lettera a “La Prealpina” nel 1952 e sembra rivendicare il ruolo civile dello scrivere anche tra paesaggi e architetture liberty, dove la sensibilità di un intreccio tra arte e letteratura, può arricchire il pianeta Terra, di un grande amore.

LE LETTERE DI MORSELLI
Sempre per NEM oltre ai tre libri citati si deve a Linda Terziroli, insegnante e studiosa di Morselli, Le lettere ritrovate scritte da Guido Morselli a vari personaggi del mondo della letteratura, della filosofia, della teologia, delle scienze. Le lettere erano custodite in alcuni libri della biblioteca di Morselli che, per lascito testamentario, è stata donata alla Biblioteca Civica di Varese e che rivelano uno sguardo acuto, visionario, attento con un messaggio umano e il suo valore letterario dalla investigazione politica, all’attualità alla storia, che è ancora e sorprendentemente anche la nostra.

di
Pubblicato il 30 Luglio 2023
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore