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Presìdi sui territori e una direzione regionale, così cambia Bper a Varese e in Lombardia

Intervista a Simone Maci responsabile della direzione regionale di Bper a Varese che illustra come cambierà la struttura organizzativa del terzo gruppo bancario italiano

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È stato fino ad oggi a capo della direzione regionale di Bper a Varese. Simone Maci ha affrontato nel pieno della pandemia la migrazione degli ex clienti Ubi, un’operazione che per dimensioni e complessità non aveva precedenti nella storia del sistema creditizio italiano. Dopo aver gestito quella transizione sul territorio, ora si trova ad affrontare una nuova fase caratterizzata da un cambiamento nella struttura organizzativa del terzo gruppo bancario italiano che riguarda da vicino la provincia di Varese. A gennaio del 2022 infatti sarà operativa la nuova direzione territoriale Lombardia Ovest di Bper che comprenderà Varese, Bergamo e Milano, struttura in cui lo stesso Maci potrebbe ricoprire un ruolo di rilievo.

La riorganizzazione del gruppo Bper ad appena otto mesi dal suo arrivo in provincia di Varese, in seguito alla cessione da parte di Intesa Sanpaolo delle ex filiali Ubi, ha sollevato una serie di critiche, in particolare si contesta alla banca la scelta di non avere più una direzione regionale sul territorio.
«Bper per agevolare l’inserimento e l’integrazione di quasi un milione e mezzo di clienti si era strutturata con 17 direzioni regionali di cui quattro in Lombardia, una con sede a Varese, una con sede a Milano, preesistente, una a Bergamo e una a Brescia. Una banca delle nostre dimensioni che deve competere con le buone pratiche del sistema nazionale, deve avere processi semplificati ed efficaci. Portare le direzioni regionali da 17 a 9 va nella direzione dell’efficacia e dell’efficienza. Varese, Bergamo e Milano confluiranno in un’unica grande direzione che si chiamerà Lombardia Ovest e avrà sede a Milano. Sarà un polo importante a livello nazionale e internazionale, un ecosistema super attrattivo connesso agli altri territori. Far parte di questa struttura è strategico, a maggior ragione per province che, tra clienti e masse intermediate, dimensioni di filiali e centri imprese, costituiscono il 40 per cento circa di questa grande direzione territoriale».

C’è una differenza sostanziale rispetto alla passata organizzazione territoriale di Ubi?
«Certo: prima Milano era separata, mentre Varese faceva parte di una macroarea che aveva sede a Bergamo, che a sua volta oggi confluisce in Milano. È una differenza sostanziale nel senso che nessuno dipende da nessun altro. Si fa tutti parte di una direzione territoriale che è la più grande in assoluto di Bper. È in questa luce che va visto il passaggio di deleghe tra il centro e il nord Italia. Questi territori saranno valorizzati perché sono parte consistente di un ecosistema lombardo che è trainante per il Paese».

Che cosa risponde a chi sostiene che eliminando la direzione regionale di Varese il territorio perde la sua centralità?
«È legittimo preoccuparsi, ma si sposta una direzione, non si spostano i presidi. A Varese rimarranno le diramazioni della nuova direzione territoriale che saranno potenziate e faranno capo a una direzione che avrà più deleghe, più poteri, più autonomia e poteri decisionali. La ragione di questo potenziamento dipende dal fatto che portiamo in dote a questo nuovo ecosistema 250mila clienti, su un totale di 700mila, e 16 miliardi di masse intermediate su un totale di 45 miliardi di euro. Quindi il territorio non perde importanza. Anzi, è proprio perché vogliamo valorizzarlo che creiamo questa grande direzione territoriale con presidi più forti, con semplificazioni di processi, comunicazione più veloce e autonomie più ampie».

I lavoratori seguiranno il lavoro a Milano?
«C’è una procedura sindacale in corso e penso che la paura del cambiamento sia legittima e comprensibile. Ma in tutta serenità posso dire che non c’è alcuna intenzione di mettere in difficoltà i lavoratori. Stesso discorso vale per la clientela e le istituzioni che non avranno alcuna conseguenza da questa riorganizzazione. Questa struttura rimane come diramazione sotto un cappello diverso e il legame con le filiali e il territorio sarà esattamente lo stesso. A parte qualche razionalizzazione, i presidi e le diramazioni della nuova direzione territoriale rimarranno. La banca ha un ruolo sociale ma è anche una spa che deve rispondere agli azionisti e ai portatori di interesse e ne risponde in quanto soggetto che appartiene a un tessuto economico e sociale. Siamo inoltre inseriti in un contesto complicato che ci vede uscire gradualmente da una situazione di emergenza. Per questo motivo la conoscenza del territorio sarà determinante nell’agevolare la ripresa e la messa a terra del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr). In questi territori c’è una grande visione prospettica e noi dobbiamo essere allo stesso livello dei nostri imprenditori per trarre da loro spunti e insegnamenti. Questa riorganizzazione serve a renderci più competitivi e per diventarlo bisogna essere più efficaci, più semplici e più forti».

Come è cambiato il rapporto tra banche e imprese?
«Fino a qualche decennio fa, alla banca si dicevano solo alcune cose. Oggi invece c’è massima trasparenza, perché tra banca e impresa c’è un rapporto di partnership, non di semplice consulenza. Abbiamo davanti a noi un futuro entusiasmante, con competitor nuovi, pensiamo al mondo fintech o ad Amazon. Credo però che il legame con la banca e il suo personale sia ancora importante. Industrializzare i processi è qualcosa che condivido, ma industrializzare le relazioni è sbagliato. La fiducia e la credibilità del brand sono strettamente legate alle persone che lavorano».

Cosa pensa dei giovani imprenditori?
«Hanno grandi idee e zero confini: la loro casa è il mondo. Il loro valore aggiunto sta nella capacità di contaminarsi e confrontarsi con persone che arrivano dall’India, dalla Cina e dagli Stati Uniti, per fare degli esempi. Hanno una grande attenzione ai temi della sostenibilità e del benessere della persona e sono tesi a costruire un business che sia in linea con questi valori. Nel loro modo di fare impresa c’è entusiasmo, determinazione e un’accelerazione intellettuale senza precedenti. Ho fatto qualche giro negli innovation hub e ho visto cose straordinarie: dalla progettazione di nuovi satelliti ai dispositivi luminosi capaci di riprodurre la luce naturale. La Lombardia è particolarmente innovativa e non solo grazie alle startup ma anche a quelle aziende che arrivate alla quinta o alla sesta generazione sono capaci di cambiare pelle mantenendo quel know-how di qualità che arriva da lontano e ancora in grado di proiettarle nel contemporaneo e nel mondo. Stiamo osservando che molte aziende sono già in linea con i temi green, circolarità e sostenibilità perché fa parte della loro tradizione».

Quali sono i numeri del lavoro svolto da Bper sul territorio in questi primi otto mesi?
«Sono stati mesi impegnativi e al contempo entusiasmanti. Abbiamo fatto un bel lavoro, con persone perbene che tengono al loro lavoro, e i numeri sono lì a testimoniarlo: abbiamo erogato, tra mutui e prestiti, 130 milioni di euro a quasi tremila famiglie, 200 milioni a quasi mille imprese, tra piccole, medie e grandi, e i depositi continuano a crescere. Questi numeri ci dicono che gli azionisti di Bper hanno creduto e investito in questi territori e noi faremo di tutto per fare sempre meglio».

Luca Gotti è il nuovo direttore della nascente macroarea di cui Varese farà parte. A Simone Maci cosa accadrà?
«Sono nato a Bergamo, da trent’anni vivo a Milano e lavoro a Varese. Quindi l’area Lombardia Ovest la sento un pò come casa mia. La banca ha i suoi tempi e i suoi riti, ma se mi proporrà e mi vorrà all’interno di questa direzione territoriale, sarò molto felice di continuare il percorso virtuoso che abbiamo tracciato fino ad ora».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it
Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.
Pubblicato il 18 Novembre 2021
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