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70 anni fa la città di Saronno si mobilitava per soccorrere gli alluvionati del Polesine

Il 14 novembre 1951 un alluvione devastò gran parte dei territori tra le province di Rovigo e Venezia, causando un centinaio di vittime e oltre 180.000 profughi. Al tragico evento fece seguito da tutta Italia una straordinaria profusione di aiuti in favore di chi era stato privato delle cose e degli affetti più cari, a cui partecipò anche la città di Saronno

Generica 2020

“Cittadini, lavoratori, democratici Saronnesi! Una immane sciagura si è abbattuta sulle popolazioni di intere regioni d’Italia. Nelle recenti alluvioni le acque dei fiumi da lungo tempo abbandonati a se stesse, hanno travolto case e distrutto il paziente lavoro di intere generazioni; privando la nazione dei beni di intere zone. Alle soglie dell’inverno, vecchi, donne, bambini sono stati colpiti dalla più nera misera ed attendono da noi la solidarietà fraterna. Saronnesi! Il Comitato cittadino invita i lavoratori e la popolazione tutta a dare il fattivo contributo in medicinali, indumenti, viveri e fondi one alleviare i bisogni più urgenti e ad ospitare nelle loro case temporaneamente i bimbi più bisognosi”.

È con queste parole che il Comitato cittadino formatosi in seguito all’alluvione del Polesine, invitava i cittadini saronnesi ad adoperarsi per aiutare le popolazioni colpite da quell’evento così tragico e inaspettato.

Fu una vera e propria gara di solidarietà che coinvolse e animò l’intera città: famiglie, operai, medici, infermieri, commercianti, associazioni, scuole, ristoranti, banche, imprese e partiti.

Oggi, a raccontare di quella generosità è un plico di documenti ormai ingialliti, custoditi nell’archivio storico del Comune.

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Oltre ai volontari che si organizzarono per un intervento diretto nei luoghi del disastro, mettendosi a disposizione della macchina dei soccorsi in prima persona, nei giorni immediatamente successivi alla catastrofe furono inviati di tutta fretta i primi aiuti, con gli indumenti, i medicinali e i generi alimentari raccolti in Comune.

Significativi due foglietti nei quali si attestava che a pochi giorni dalla catastrofe, Luigi Crespi, un medico dell’Ufficio Igiene e Profilassi del Comune di Saronno fece richiesta formale per essere inviato nelle località colpite a prestare soccorso alla popolazione e che la ditta D. Lazzaroni & C. inviò al parroco di Saronno biscotti e cioccolato per un valore di 150 mila lire.

Come indicato dal Ministero dell’Interno, nelle settimane successive per il coordinamento degli aiuti venne formato un “Comitato comunale per il soccorso invernale” formato dal Sindaco, dal presidente dell’Ente comunale di assistenza, dal comandante della stazione locale dei Carabinieri, dal parroco e da una persona nominata dal Prefetto. La segreteria della Camera Confederale di Saronno si fece promotrice poi della costituzione di un Comitato di Solidarietà, a cui aderirono il partito socialista e quello comunista, la cooperativa Isotta Fraschini, la cooperativa La Sociale, l’Unione Donne Italiane e l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Fu quindi messa in piedi una vera e propria macchina dell’aiuto: le offerte in denaro venivano raccolte dagli istituti di credito locali, i viveri, gli indumenti e i medicinali dalla parrocchia e dall’oratorio di via Roma 5; le richieste per ospitare i profughi dovevano invece essere presentate con domanda scritta presso il Municipio.

Al 16 gennaio 1952, il Comune attestava che presso le banche locali era stato depositato a beneficio degli alluvionati un totale di 11.054.410 lire. Una cifra di tutto rispetto, considerando l’epoca. Tra le tantissime elargizioni, vi furono quelle delle scuole: il Liceo Scientifico (54.500 lire), le scuole elementari (178.621 lire), il Collegio Arcivescovile (180.000 lire), l’Istituto Suore Orsoline di San Carlo (240.000 lire).

Non si contano le donazioni raccolte dal mondo delle industrie del territorio e di cui è rimasta traccia scritta. In un documento del 22 novembre 1951 veniva riportata l’offerta da parte di un’impresa locale: “I miei dipendenti, sentito il dovere della solidarietà umana, spontaneamente offrono per i sinistrati delle rovinose alluvioni, l’importo di un’intera giornata di lavoro pari a complessive 25.635 lire. Da parte mia aggiungo all’offerta 24.3657 lire, quale arrotondamento fino a 50.000 lire, oltre a parecchi indumenti già inviati a Monsignor Benetti”.

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Nel resoconto comunale delle donazioni veniva evidenziata quella della ditta Antonio Parma e Figli, di ben 1.000.000 lire, di cui 400.000 provenienti da un’intera giornata di lavoro dei dipendenti.

Anche l’ospedale di Saronno fece la sua parte. In una nota del 19 novembre, veniva dichiarato: “Questo ospedale ha raccolto fra il personale e i degenti la somma di 50 mila lire, che uniamo con un assegno circolare del Credito Varesino, più un braccialetto d’oro che pure alleghiamo. Il tutto è da devolversi a favore delle famiglie colpite, per le quali sono stati messi a disposizione 10 letti”.

Contributi in denaro arrivarono anche dagli operai e dagli impiegati dalla Manifattura Lombarda Lino e Canapa di Origgio e dal Calzificio Antonio Mariani di Caronno Pertusella.

Il Consiglio comunale di Saronno del 10 giugno 1952 deliberò la donazione straordinaria di 30 mila lire agli Zorbini, una delle tante famiglie alluvionate che venne accolta in città, per pagare parte delle riparazioni all’abitazione danneggiata dall’alluvione. Un contributo che fu concesso dall’assemblea all’unanimità, “considerato il caso pietoso e ritenuta la buona volontà del richiedente, nell’intento di favorirlo e dando allo stesso la possibilità di una sistemazione dopo l’immane sciagura che lo ha colpito”.

Alla solidarietà di Saronno si unì quella delle altre città e paesi in provincia di Varese – coordinate dalla Prefettura – e quella di tantissimi cittadini e cittadine di tutta la penisola italiana, che avevano ancora ben impressi nella memoria gli anni di fame e devastazione patiti durante la seconda guerra mondiale, che diedero grande prova di fratellanza e altruismo nei confronti di chi era stato privato delle cose e degli affetti più cari.

Valentina Rizzo
valentina.rizzo@varesenews.it
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Pubblicato il 13 Novembre 2021
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