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Il restauratore: “Cosa non funziona nel decreto ministeriale”

Gianvittorio Pontiroli è di Cislago e da oltre 20 si occupa del recupero artistico di dipinti e tele. Sabato era a Roma tra i 500 “ribelli” che chiede al ministero di rivedere le modalità di istituzione dell’Albo prossionale

Protesta restauratori a Roma“Il restauro non è un lavoro, è una vocazione”. Sono arrivati da tutta Italia a Roma, sabato 24 ottobre, per chiedere al Presidente della repubblica Giorgio Napoletano di rivedere le modalità di accesso al bando di concorso che dovrebbe istituire a breve l’albo dei restauratori. Tra i 500 presenti in rappresentanza dei 39 mila restauratori italiani, anche una delegazione varesina, tra cui Gianvittorio Pontiroli che da anni si sta occupando di restaurare interamente il Duomo di Voghera. La protesta dei restauratori è nata dopo la pubblicazione del decreto ministeriale, steso da parte del Ministero dei beni culturali, che stabilisce i punti per l’accesso alla professione. Ma sono in molti a chiedere di rivedere queste modalità che impedirebbero il riconoscimento di “restauratore” anche a chi lavora accreditato da anni con le diverse Sovrintendenze ai beni culturali.
”A Roma eravamo sicuramente più di cinquecento – racconta Pontiroli -. Vogliamo continuare a fare ciò che ci appassiona facendo parlare di noi attraverso le opere che restauriamo, fondamentali per un Paese come l’Italia che possiede una grande percentuale del patrimonio artistico mondiale. Noi restauratori siamo da sempre l’ultimo anello di una gerarchia fatta di storici, architetti e ingegneri; nessuno conosce come noi l’opera che viene restaurata, noi tocchiamo e sentiamo l’opera come solo l’artista ha fatto eppure la nostra professionalità è sempre subalterna a quella di coloro che ora oggi mettono in dubbio la capacità di compiere il nostro lavoro”.
 
Molti i punti critici, secondo i manifestanti, del bando che dovrebbe istituire l’Albo dei restauratori. Come “la documentazione da produrre per dimostrare i requisiti per poter partecipare alla prova di idoneità – spiega il restauratore di Cislago -: il decreto introduce una tipologia di attestazione assolutamente sconosciuta che i sovraintendenti non avevano obbligo di rilasciare. Poi l’anomalia più vistosa è quella di vincolare l’accesso alla prova alla presentazione di "regolare esecuzione dell’intervento di restauro" che dimostra la "responsabilità diretta nell’intervento". Questo è un ostacolo enorme perchè esclude molti lavoratori dalla possibilità di accedere alla prova. Un esempio: ad un cantiere partecipano otto restauratori ma solo uno ha la responsabilità diretta. Questo non vuol dire che gli altri sette non siano qualificati. Della tutela dei beni culturali in Italia si occupano circa 39mila addetti. Inoltre, secondo il bando del ministero, solo due scuole in Italia consentono l’accesso diretto al titolo di restauratore, ma una di esse in tutta la sua storia ha diplomato soltanto mille studenti”.
 
La soluzione sarebbe quindi in una revisione della normativa: “I primi decreti emanati nel 2001, poi 2004 non possono essere applicati oggi nel 2009 senza modificare le date per documentare l’attività pregressa utile per la partecipazione all’esame ed al riconoscimento del titolo – conclude Pontiroli -. Dal 2001 ad oggi quanti studenti si sono diplomati alle varie scuole di restauro? Quanti lavoratori hanno maturato anni di cantiere? Il ministero intende fare un solo bando per risanare una situazione enorme che non si può sistemare in una unica soluzione. Non intendiamo fermarci, stiamo presentando attraverso i sindacati una petizione al Presidente della Repubblica chiedendo di richiamare gli organi competenti ad una assunzione di responsabilità nei nostri confronti. Siamo pronti a nuove assemblee e se necessario a manifestazioni su tutto il territorio”.

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 26 Ottobre 2009
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