Renoldi: «Rafforzare l’idea di “saronnesità”»
Intervista al candidato sindaco dell’alleanza Popolo delle libertà, Lega Nord, Udc. Tra la proposte del nuovo ospedale, sicurezza e polemiche
È stata assessore al bilancio da 10 anni, il braccio destro di Pierluigi Gilli come vicesindaco. Annalisa Renoldi ha 49 anni e da sempre è militante in Forza Italia, tra i fondatori della sezione cittadina del partito di Berlusconi, per cui ha ricoperto anche il ruolo di presidente del comitato della vittoria, nominata dall’attuale ministro Maria Stella Gelmini. La sua candidatura a sindaco della città è sostenuta da Popolo delle libertà, Lega Nord e Unione di centro. (tutti i candidati e le news elettorali di Saronno)
Lavora in un’azienda internazionale di telecomunicazioni di Milano nella sezione direzione bilancio straordinaria, dove si trova in aspettativa da quando ha assunto cariche pubbliche in Comune a Saronno. «A me piace definirla carriera amministrativa, non politica – spiega -. Un conto sono i politici, un conto sono gli amministratori. Ho cercato di barcamenarmi con un part-time, ma sono una convinta sostenitrice che gli amministratori pubblici debbano essere amministratori a tempo pieno. Su questa teoria mi sono scontrata spesso anche con persone all’interno del mio partito. Ma oggi le risposte da dare sono molte, credo si debba dedicare a questo impegno il tempo che serve. Per me è molto importante il contatto diretto con la città: se venissi eletta, vorrei che i cittadini possano sempre parlare con il sindaco. L’amministrazione deve sempre e comunque dare delle risposte e per farlo occorre conoscere la città senza altri impegni».
In questa campagna elettorale è stata presa di mira proprio questa sua situazione lavorativa, secondo cui, in quanto in aspettativa, le vengano pagati i contributi dal Comune…
«Vorrei chiarire questo punto una volta per tutte. Qualcuno ha spiegato questa situazione in maniera distorta. Il Comune di Saronno non mi ha fatto alcun regalo: vorrei sottolineare che esiste una normativa nazionale che prevede l’obbligo da parte dei comuni di rimborsare, alle aziende che hanno degli amministratori in aspettativa, i contributi sociali. Quindi nessuno ha fatto un regalo ad Annalisa Renoldi. Non sono l’unica a cui vengono pagati i contributi. Ad altri professionisti, che sono anche assessori, i contributi vengono pagati alla cassa dei medici o degli avvocati. Io ho tenuto molto a mantenere il mio posto di lavoro perché so che la vita politica non è eterna».
L’alleanza Pdl-Lega a Saronno non è stata facile. Sulla scelta della tua candidatura ci sono stati molti attriti. Perché?
«Non dimentichiamo che sono sostenuta anche dall’Udc con cui in questi dieci anni con l’assessore Beneggi si è lavorato in perfetta armonia. Sarebbe stato un peccato non riproporre questa alleanza per motivi politici di livello nazionale. Con la Lega ci sono stati gli attriti in un primo momento, che probabilmente arrivavano più dall’alto che dal livello locale. A Saronno con gli amici della Lega mi sono sempre trovata bene. E devo dire che questi primi mesi di lavoro comune, tra stesura del programma e campagna elettorale, sono stati veramente ottimi. Lo dico con sincerità: ho trovato persone gentili e collaborative. È importante l’entrata della Lega nella coalizione che porterà forze nuove, piene di entusiasmo. Situazione che ben si unisce all’esperienza amministrativa consolidata di Pdl e Udc».
Passiamo al programma. La prossima amministrazione dovrà stendere il Piano di Governo del Territorio. Quale linea utilizzare?
«È una delle più grosse sfide che la prossima amministrazione dovrà andare ad affrontare, definendo le linee strategiche della Saronno che vogliamo. Abbiamo un territorio piccolo, ma densamente abitato. Uno dei punti che il Pgt dovrà tenere in considerazione sarà quello di tutelare le poche aree verdi rimaste. Come l’Agro Saronno, che è di quasi un milione di metri quadri ed è un polmone verde che va tutelato. Mi piacerebbe anche che all’interno del Pgt sia inserita una rivalutazione del torrente Lura».
Per quanto riguarda le aree dimesse?
«L’urbanizzazione dovrà riguardare anche queste zone sempre nell’ottica del mantenimento del verde. Nelle aree dimesse dovranno anche essere inserite occasioni di sviluppo e di lavoro per i saronnesi. Credo sia importante prevedere di inserire in queste aree funzioni che non siano solo residenziali, ma di terziario avanzato, laboratori, piccolo commercio. Tutto quello che può portare a Saronno sviluppo e ricchezza».
Due amministrazioni Gilli, in cui lei è stata tra i protagonisti. Una seconda amministrazione più sottotono. Come mai?
«La prima legislatura è andata totalmente in discesa. La seconda è stata un pochino più tranquilla e modesta. Sono cambiate le condizioni politiche e le disponibilità economiche a cui i comuni hanno potuto attingere. Bello avere tante idee ma queste devono poter essere finanziate. È un tema che mi preoccupa un po’ per il futuro. In questo momento la crisi in generale che sta toccando le famiglie e le imprese, tocca anche i comuni. Per questo continuo a sottolineare che programmi elettorali eclatanti che sento da altri candidati, sono delle bufale, una grande presa in giro nei confronti dei cittadini».
Anche nel suo programma però non mancano grandi opere. Recentemente avete dichiarato che Saronno ha bisogno di un nuovo ospedale…
«È vero, non è un piccolo progetto. In un’operazione simile il Comune non potrà essere attore in primo piano, ma potrà essere solamente l’attore che andrà a stimolare gli organi preposti. La costruzione di un nuovo ospedale non spetta al comune e sarebbe insostenibile da un punto di vista economico. Però Saronno, di concerto con i comuni del circondario, dovrà farsi promotore per andare a stimolare un progetto in questa direzione. Qualche idea sulla localizzazione ce l’ho, ma è ancora presto per dirlo. Comunque i tempi sono maturi per andare a stimolare questa necessità».
Palazzo Visconti è l’edificio più antico della città, distrutto da un incendio due anni fa. Oggi inutilizzato. È una priorità il suo recupero? Dove trovare i fondi?
«Fortunatamente abbiamo già compiuto quelle opere di messa in sicurezza che ci permettono di mantenere, anche se in situazione drammatica, palazzo Visconti. Quello che manca è la reperibilità di nuovi fondi: il patto di stabilità sta strozzando i comuni, impedendo l’assunzione di mutui. Se non pensiamo a una forma di collaborazione con il privato, credo che sarà molto difficile in tempi brevi poter recuperare il palazzo. Per quello che riguarda la destinazione funzionale a me piacerebbe un centro polifunzionale che possa mantenere viva la città per tutto il giorno. Ma per qualsiasi cosa che si voglia andare a fare dovrà esserci la sostenibilità economica. La vecchia idea del trasferimento del Comune è sul piatto, non ha trovato grande gradimento, ma c’è. Naturalmente questa decisione dovrà essere presa di concerto con la società civile».
A metà strada tra Milano e Malpensa, Saronno è diventata sempre più una città multietnica. Come affrontare questa realtà? Cosa fare?
«Io ritengo che il fenomeno vada visto sotto due aspetti. C’è chi viene in città per lavorare e per migliorare il proprio standard di vita, e queste persone vanno aiutate. Discorso diverso per chi arriva per delinquere. Con queste persone linea durissima per quanto i comuni possono fare, potenziando i servizi legati alla sicurezza, come videosorveglianza, illuminazione. Ma anche potenziamento organico dei carabinieri, della guardia di finanza, e anche l’arrivo di un commissariato di polizia. Certe persone, che generano senso di insicurezza, non devono più trovare spazi liberi da occupare».
Saronno è al centro di tre province, quasi quattro con la futura Monza. Quale identità ha oggi la città? Come consolidarla o rinnovarla?
«Saronno ha una posizione geografica che molti altri potrebbero invidiare. Vicino all’aeroporto, a pochi passi da Milano, dobbiamo solo valorizzare queste peculiarità per rafforzare l’identità saronnese. Identità che raccoglie anche i paesi del circondario. Identità che mi piacerebbe chiamare “saronnesità”, fatta di senso civico, amore per la propria città, per le proprie tradizioni e radici culturali».
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