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«La novità in politica: dire bene e perdonare»

Le precisazioni di Carlo Mazzola, Presidente del Club Don Sturzo, riguardo alla situazione politica

 
Siamo in tempo di Quaresima, un tempo dedicato alla preghiera ed alla meditazione interiore come cammino di conversione e di preparazione alla S. Pasqua.
Siamo altresì in periodo di campagna elettorale, un periodo di propaganda verso l’esterno alla ricerca del consenso.
Come ci poniamo noi cristiani impegnati in politica e nella pubblica amministrazione, pur con titoli diversi e ruoli differenti, in questo contesto temporale che ci pare rendere bicefali, per poter guardare da un lato alla nostra intimità, alla nostra spiritualità, nel silenzio e guardare, dall’altro lato, al pubblico, al pragmatismo della vita sociale, nel tam tam di proclami e manifestazioni?
E’ questo il tema della riflessione che desidero condividere.
 
Anzitutto dovremmo sforzarci di essere coerenti fra il credo che osserviamo nella nostra vita privata ed il comportamento e le azioni che manifestiamo nelle relazioni con la comunità. Non è ammissibile un atteggiamento schizofrenico e sdoppiato.
Affermazioni che sembrerebbero scontate ed ovvie. Sulla carta o sulle labbra…
Nella pratica è molto alto il rischio e la tentazione di dimenticare i sani propositi ispiratici dalla meditazione, a fronte di un attacco della parte politica opposta (o interna), nel tentativo di scardinare i piani dell’avversario, nelle tattiche per acquisire notorietà, ecc.
Chi ha o ha avuto esperienze politiche dirette od indirette, può ben capire quel che intendo dire. La politica e quella sorta di potere o surrogato di potere che essa ti pare conferire, ti prende al punto di divenire come una droga che ti toglie lucidità e sensibilità.
Lo confesso io stesso che in questo inganno dei sensi e della mente talvolta sono caduto. L’antidoto più efficace, lo dico subito, è una costante e sempre più profonda preghiera.
 
Quando i principi del buon cristiano e, per chi non ha il dono della fede, i valori etici e morali che sono innati nell’uomo e comunemente riconosciuti, vengono meno, nella logica che in politica il fine giustifica i mezzi (e gli effetti collaterali), allora il sistema politico-amministrativo-democratico degenera in ben miserevoli risultati.
L’elenco degli effetti potrebbe essere lungo, dall’alterazione del bene comune, alla regressione socio-economica.
Mi voglio, però, soffermare su un aspetto più umano che, specialmente in questo particolare periodo mi sta a cuore: i rapporti fra le persone.
Mi è capitato più volte di vedere come fra due persone politicamente impegnate, sia in partiti diversi, sia – e soprattutto – nello stesso gruppo, crescesse l’astio, il rancore e finanche l’odio, ma non tanto per diverbi su tematiche oggettive, quanto più per invidie, per ripicche, per questioni personali.
In questi anni ho visto troppe amicizie infrangersi per la politica. Io stesso ho perso qualche amico.
La conquista di un posto nella commissione toponomastica o la battaglia efferata per ottenere la concessione di costruire un palazzo, vale un’amicizia? Vale perdere la stima di un’altra persona? Vale a giustificare il male fatto ad un singolo o ad un gruppo?
La risposta è scontata. E’ l’insegnamento precipuo del nostro Salvatore: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39).
Conferma la ritroviamo nell’Enciclica “Deus caritas est” di Benedetto XVI, in cui scrive: “… respingere l’odio e l’inimicizia è la dimensione sociale della fede cristiana”.
 
Meno scontato e ben più gravoso da applicare è il rimedio: il perdono.
E’ difficile me ne rendo ben conto, specialmente quando si tratta di perdonare qualcuno che ci ha fatto veramente male e ci ha fatto soffrire. D’altro canto è pur vero che “se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete?” (Lc 6,33).
Pur con tutta la nostra debolezza umana, approfittando della Quaresima, proviamo a sforzarci di perdonare coloro che ci hanno fatto un torto anche grave.
 
Questa sì sarebbe una vera novità in politica! Questo è il compito di colui che si professa cristiano e di chi è nobile d’animo: non parlare male e non far torto agli altri e perdonare. E’ utopia pensare a politici che sappiano anche trovare ed apprezzare il bene nei loro antagonisti, sia dentro, sia fuori del proprio partito?
Sono conscio che è un principio di ardua applicazione, specialmente quando vediamo situazioni profondamente ingiuste. So che spesso si ha l’impressione che in politica (come in altri ambiti), faccia carriera solo chi è disonesto e ad esser buoni si ha la sensazione di essere sprovveduti.
Non si pensi, tuttavia, che la pratica del dire bene e del perdono sia premiante solo di fronte al giudizio divino (che è comunque la vera cosa importante), ma darà i suoi frutti anche sul nostro cammino. E’ dunque anche una strategia per chi pensa alla politica come “carità sociale” e non quale strumento di potere per fini egoistici.
Invero, ricordando le parole di San Josemarìa Escrivà, c’è un metodo infallibile per ottenere giustizia, verità e riparazione: “… annegare il male nella sovrabbondanza del bene” (da “Solco”, 864).
Il che non significa accettare supinamente ogni imposizione. Quel che deve essere chiaro è che non si deve mai essere nemici della persona. Si può (ed in certi casi si deve) essere nemico dell’idea, del progetto, dell’azione.
 
Forse a tal punto, qualcuno che mi legge puntandomi il dito esclamerà:”Proprio costui parla”? Gli chiedo perdono e pazienza. Ma mentre mi punta l’indice, provi a guardare chi indicano le altre dita.
Mi rendo conto dei miei difetti ed errori. Mi riconosco, però, un metodo per evitarli: mettere per iscritto quel che devo fare per non ricadere.
Tale lettera serve prima a me che agli altri.

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 20 Marzo 2009
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