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“Dopo 35 giorni attaccato all’ossigeno sono tornato a casa. Grazie all’ospedale di Saronno”

La testimonianza di Osvaldo, 56enne di Saronno guarito dopo oltre un mese di ricovero per la positività al Covid-19: "Grazie a tutte le infermiere, gli infermieri e i dottori del reparto di Chirurgia, anche se di loro ho conosciuto solo gli occhi"

Saronno, il personale si riunisce davanti all'Ospedale e alza la voce

«Voglio ringraziare tutte le infermiere, gli infermieri e i dottori del reparto di Chirurgia al terzo piano dell’ospedale di Saronno. Mi hanno curato e coccolato per 35 giorni. Gli ringrazierò anche se di loro ho conosciuto solo gli occhi, perché erano sempre tutti coperti per paura del contagio».

È la testimonianza di Osvaldo, 56enne residente a Saronno, sposato, padre di due figli e titolare di un’attività a Caronno Pertusella. Risultato positivo al Covid-19, la sera del 7 aprile Osvaldo è stato trasportato all’Ospedale di piazzale Borella, dove è stato ricoverato per 35 giorni.

Giorni difficili, intensi, trascorsi attaccato all’ossigeno tra i respiratori CPap, la mascherina e poi il casco, prima di rischiare l’intubazione: «Sono entrato in ospedale il 7 aprile e sono uscito giovedì scorso – racconta Osvaldo -. Sono risultato positivo al Covid e mi hanno subito ricoverato al terzo piano. È stata un’esperienza davvero dura, per 20 giorni non ho mangiato. Dopo la mascherina mi hanno messo il casco per l’ossigeno. La situazione stava peggiorando e rischiavo l’intubazione».

La positività al tampone è stata confermata in seguito ai sintomi avvertiti dopo che anche la moglie di Osvaldo era stata colpita dal virus, pochi giorni prima e ricoverata prima a Rho e poi a Brescia: «Mia moglie è stata ricoverata a Brescia per venti giorni, dal 3 al 22 aprile, dopo essere risultata positiva al Covid. Poi è toccato a me – racconta ancora Osvaldo -. Per fortuna abbiamo avuto modo di continuare a sentirci per messaggio e a starci vicino l’uno con l’altro».

Gli otto giorni trascorsi attaccati al casco per l’ossigeno sono stati i più difficili. Poi la discesa e una lenta e graduale guarigione: «Quando ero col casco avevo fame, venivo alimentato tramite flebo e bevevo da una cannuccia – prosegue -. Otto giorni consecutivi con il casco per l’ossigeno mi sono sembrati un’infinità. Dopo la situazione è fortunatamente migliorata e sono tornato alla mascherina. Da quando sono uscito dall’ospedale sto facendo qualche esercizio di fisioterapia per riprendermi e grazie a Dio il mio corpo sembra stia reagendo bene».

Un’esperienza tanto drammatica quanto edificante: Osvaldo ha potuto vedere con i suoi occhi la letalità del virus, ma allo stesso tempo ha sentito e percepito la vicinanza di tutto il personale dell’ospedale di Saronno, medici, infermieri e operatori sanitari, sempre pronti a sostenerlo, specialmente nei momenti di maggiore sconforto.

«Gli infermieri sono stati bravissimi, mi hanno coccolato da subito. Quando vedi raccontare queste storie in televisione sembra tutto astratto, ma quando poi si vive un’esperienza simile di persona resti segnato. Ho avuto anche una difficoltà in più: quando sono entrato in ospedale il mio compagno di stanza era steso nel letto in condizioni critiche a causa del virus e, purtroppo, se n’è andato pochi giorni dopo. È stato davvero molto difficile».

Il grazie di Osvaldo va a chi si è preso cura di lui dal primo all’ultimo giorno, incoraggiandolo costantemente: «Per questo ringrazio i medici e gli infermieri che mi hanno sempre sostenuto, soprattutto nei momenti più difficili da superare. Non potevo uscire dalla stanza e ho potuto vedere solo gli occhi di chi si è preso cura di me. Ho parlato con loro e non li ho mai conosciuti, ma mi sento di ringraziarli e non smetterò mai di farlo».

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Pubblicato il 19 Maggio 2021
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