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Stefano Zanini, vita in ammiraglia di uno che non smette mai di imparare

L'ex velocista oggi è apprezzato direttore sportivo dell'Astana e ci racconta la sua giornata al Giro. "Accanto a un grande come Martinelli, cerco di apprendere qualcosa a ogni tappa"

stefano zanini ciclismo astana

C’è sempre tempo di fare una risata, anche all’interno di una intervista seria, quando l’interlocutore è Stefano Zanini. L’ex velocista nato a Varese e residente in Valle Olona, una trentina di vittorie in carriera (compresa una Amstel Gold Race e le tappe finali di Tour e Giro…), è da tempo tra i direttori sportivi dell’Astana-Premier Tech. Lo raggiungiamo al telefono dopo la tappa di Termoli, mentre con il pullman sta raggiungendo l’hotel per proseguire un lavoro iniziato di buon mattino. Gli diamo del “tu”, anche perché qualche anno fa scrivemmo insieme la rubrico “Il Giro di Zazà”, appuntamento quasi quotidiano su VareseNews.

Stefano, quindi dopo la tappa non guidi più?

«No, l’impegno al volante termina al traguardo e del resto ci resto per diverse ore. Il ritorno in hotel lo faccio sul bus della squadra e lascio la macchina agli altri. Di solito, durante la corsa, io guido la prima ammiraglia: accanto a me c’è Beppe Martinelli, la “mente” della Astana mentre dietro prende posto un meccanico».

Cominciamo dalla attualità; come va il Giro per la vostra formazione?

«Direi bene perché dopo una settimana di corsa siamo nella posizione che volevamo con Aleksandr Vlasov, il nostro uomo di classifica. Anche nella tappa di Ascoli, nonostante il freddo che lui ha patito parecchio, siamo comunque riusciti a tenere la posizione. Lui è stato bravo a reagire ma anche la squadra ha corso bene: i compagni sono stati vicini a lungo e Tejada è rimasto con lui fino all’attacco di Bernal. Il nostro obiettivo è fare il meglio possibile con Vlasov, poi se ci fosse l’occasione di puntare a una tappa non ci tireremmo indietro».

Raccontaci la giornata di un direttore sportivo al Giro d’Italia, al giorno d’oggi.

«Si comincia con la colazione insieme al resto dello staff e l’orario dipende sia dalla distanza dell’hotel, sia dall’orario della presentazione della squadra e quello della partenza della tappa. Poi consegniamo le valige e saliamo sul bus per riguardare le nozioni sulla tappa e per ridiscutere la tattica con gli altri diesse. Quindi c’è il trasferimento e poi l’ultima riunione con i corridori sul bus: passano le slide di powerpoint con tutte le indicazioni necessarie. Le salite, i punti strategici, il meteo, la tattica scelta».

Poi si parte.

Si parte, si corre e al termine della gara cerchiamo di mandare un primo gruppo di corridori in hotel con le ammiraglie, in modo da iniziare i massaggi il più presto possibile. Gli altri invece salgono sul bus che è più lento e quando arrivano tocca a loro finire sul lettino di fisioterapista e osteopata. Noi teniamo una nuova riunione in hotel e stiliamo il programma per il giorno successivo: stacchiamo – relativamente – solo per la cena ma prima di andare a nanna ci regaliamo un bicchierino di sambuca o di grappa barricata che mi piace di più. Solo lo staff, i corridori non hanno il mio fisico! (ride…) Quattro risate a fine serata per rilassarsi sono fondamentali».

Birra e ciclismo: la Amstel (Gold Race) di Stefano Zanini

Si parla tanto di sicurezza nelle tappe che prevedono la volata, specie dopo la brutta caduta che ha coinvolto corridori come Landa e Dombrowski. Cosa è cambiato rispetto a quando correvi tu?

«Non è il ciclismo, sono le strade diverse. Rispetto anche solo a dieci anni fa, sono cambiate tanto: ci sono sempre più spartitraffici, rotatorie e isole centrali e tutto ciò aumenta le difficoltà del gruppo prima dello sprint. Purtroppo ciò deriva anche dal fatto che la gente non rispetta il codice: se tutti lo facessero, i comuni non sarebbero costretti a mettere i dossi rallentatori o i paletti sui marciapiedi per evitare il parcheggio selvaggio. Noi chiediamo ai corridori attenzione perché tante volte anche loro possono evitare certe cadute: chi sta davanti dovrebbe alzare la mano e segnalare l’ostacolo: vi assicuro che non è così difficile».

E pensare ad allungare oltre i -3 chilometri il limite per neutralizzare la tappa?

«Certo, è una idea valida: in certe frazioni bisognerebbe assegnare il tempo a una certa distanza dal traguardo, così gli uomini di classifica non sarebbero costretti alle spallate per stare davanti e i treni dei velocisti potrebbero lavorare più tranquilli»

Anche guidare un’ammiraglia è difficile e lo sappiamo. Ma quella che ha investito il povero Pieter Serry – per fortuna a velocità ridotta – ha commesso un grave errore.

«Non voglio colpevolizzare troppo il d. s. che ha colpito il corridore, però poteva davvero stare più attento. Non doveva guardare altrove, è stata una disattenzione. Purtroppo gli errori capitano ma vi garantisco che le regole che sono state introdotte da poco, quelle che portano a multe ed esclusioni per chi getta le borracce, hanno complicato di molto le cose. I corridori hanno il terrore di una sanzione e sono costretti a consegnare il materiale in eccesso all’auto della giuria, che deve farsi avvicinare dall’ammiraglia e consegnare le cose attraverso il finestrino. Ciò aumenta il traffico, complica le cose e aumenta i pericoli. E dire che un sacco di gente aspetta di ricevere una borraccia dai corridori…».

Ultima domanda, per questa volta. Ormai sei una presenza fissa nell’Astana: segno che il feeling con questa squadra è sempre ottimo.

«Sì, continuo a trovarmi bene in questo team: il gruppo è buono e la collaborazione anche. E poi, lavorare accanto a un grande come Martinelli permette di imparare sempre tanto riguardo al mio lavoro. Si dice “impara l’arte e mettila da parte” e io ci provo. Certo che Beppe è una vera enciclopedia del ciclismo».

SPECIALE GIRO D’ITALIA

In collaborazione con Bieffe Cicli e con La Bottega del Romeo

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it
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Pubblicato il 14 Maggio 2021
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